Se un adolescente non vuole andare in terapia…

L’ultima volta che ho scritto dei miei amati adolescenti, vi ho parlato di tutti quei segnali a cui bisogna fare attenzione e che potrebbero celare un disagio e il bisogno di essere ascoltati…

Se sentite di aver bisogno di uno specialista che comprenda meglio vostro figlio, procedete un passo alla volta…

Scegliete un terapeuta con una formazione specifica per adolescenti, non sono adulti e perciò hanno bisogno di avere uno spazio adatto alla loro età, con un professionista che conosce la ciclicità e la variabilità delle loro emozioni e dei loro comportamenti, che saprà adattare il proprio setting a questa particolarissima e impegnativa fase della vita, e che saprà scorgere il bambino che c’è in loro. 

Scoprite, insieme al terapeuta, se quello che sospettate e di cui avete paura può davvero nascondere un disagio più profondo e lasciate che vi consigli il comportamento più efficace da adottare.

Vi rimando all’articolo “Lo psicoterapeuta infantile: sai chi sono?” se volete conoscere le modalità con cui vostro figlio inizierà un percorso terapeutico.

Naturalmente un adolescente difficilmente giocherà con bambole e trenini, ma potrà lasciarsi andare più facilmente in uno spazio decisamente meno informale di uno studio di psicoterapia per adulti. Potrà accadere che inizierà parlando del tipo che le piace o dei commenti sotto l’ultimo post di instagram; potrà presentarsi vestito completamente di nero o chissà che altro…

Esattamente come il gioco per i bambini, i social, il modo di vestire, il corpo, il loro particolare vocabolario, sono il loro modo di comunicare, di esprimere il loro disagio e le loro emozioni…

Un terapeuta adolescenziale saprà su cosa soffermarsi e saprà coglierne i significati profondi…

Esattamente come per i più piccoli, anche per gli adolescenti vale la regola che porta in terapia tutta la famiglia, genitori spaventati, sconfortati, stanchissimi, avranno il loro spazio e le loro rassicurazioni dal terapeuta, proprio come i loro figli arrabbiati, annoiati, ansiosi… 

Non si può pretendere che un adolescente cambi comportamento se nulla intorno a lui si modifica: la famiglia è un sistema e, in quanto tale, per ottenere un cambiamento ogni parte del sistema dovrà ritrovare un equilibrio perduto. 

Ora… se il ragazzo chiede o risponde subito positivamente all’idea di iniziare un percorso di psicoterapia, siamo a cavallo: esattamente come per i bambini, prima parlerò con voi per comprendere meglio le dinamiche familiari, l’anamnesi del ragazzo e le differenti visioni del problema di entrambi i genitori. Poi vedrò il ragazzo ed eventualmente gli insegnanti… 

Il nostro percorso inizia…

Ma cosa fare se il ragazzo si oppone fermamente al farsi accompagnare in un percorso terapeutico?

Innanzitutto, come regola generale, anche quando il ragazzo non vuole incontrare uno psicoterapeuta, nonostante, secondo voi, ne abbia bisogno, contattate comunque voi lo specialista.

Vi spiego meglio: uno psicoterapeuta ascolterà le vostre perplessità e le vostre paure e vi darà il giusto sostegno genitoriale per iniziare a modificare delle dinamiche familiari che sicuramente porteranno ad un miglioramento della situazione; inoltre valuterete insieme qual può essere il modo migliore per aprire la possibilità di una terapia nel vostro adolescente. 

Adesso cercate, insieme allo specialista, di comprendere il vero motivo per cui è così contrario alla terapia.

Potrebbe accadere che il ragazzo non senta quello che a voi preoccupa, come un suo problema; in questo caso potreste chiedergli di parlare con il terapeuta, che vi sta aiutando ad essere genitori migliori, per dare il suo punto di vista completando così la visione dell’intero sistema familiare. 

In questo modo scoprirà che vi state mettendo in discussione voi per primi come genitori, che non è lui il problema, o, peggio, il malato. Sentirsi parte attiva nel processo di cura sarà molto più motivante per il ragazzo che forse si sentiva additato come il diverso della famiglia. 

Potrebbe accadere che si senta spaventato, non sapendo cosa accade in una seduta di terapia; potreste perciò, insieme al terapeuta, trovare il modo migliore per descrivere cosa accadrà in un primo incontro, dandogli la possibilità di provare con un solo incontro iniziale senza impegno. 

Potrebbe accadere che sia terrorizzato alla sola idea di aprire il vaso di pandora delle sue emozioni, magari ha un tale garbuglio dentro che rifiuta anche solo l’idea di iniziare a sbrogliarlo; in questo caso potreste proporre un solo incontro e poi magari incontri quindicinali in modo da presentargli un impegno meno gravoso e più facile da gestire per lui…

Potrebbe accadere che proprio non riusciate a convincerlo: va bene così!

Non trasformate anche questo in motivo di attrito tra voi, prendetevi il vostro tempo, restate in ascolto e continuate ad osservare, siate protettivi quanto basta e contenitivi delle sue emozioni. Potreste continuare con qualche incontro con il terapeuta, più diradato nel tempo, in modo da continuare a gestire le vostre paure e la vostra rabbia, senza minare ulteriormente il rapporto co il ragazzo. Sporadicamente riproponetegli di poter parlare con lo psicoterapeuta, magari lasciategli i recapiti dello specialista che avete trovato o chiedete a lui se ha sentito parlare di qualche altro specialista che potrebbe aiutarlo meglio… sentire che è una sua scelta e non un’imposizione genitoriale potrebbe portare ad un risultato positivo. 

Abbiate fiducia nella vostra capacità genitoriale e date fiducia a vostro figlio, parlate con loro e soprattutto ascoltate….

Quando portare un adolescente in terapia?

La prima risposta, immediata e fondamentale, alla domanda del titolo è: 

Se un adolescente chiede di poter incontrare qualcuno con cui parlare è d’obbligo contattare all’istante uno psicoterapeuta che si occupa di infanzia e adolescenza.

Non voglio spaventarvi, né tanto meno fare inutile allarmismo, ma è molto difficile che un adolescente chieda aiuto, per questo motivo, quando questo accade vuol dire che ci stanno pensando da tempo e che hanno davvero bisogno di aiuto, che si sentono soli e indifesi, confusi e, soprattutto, hanno paura, perciò è un dovere di ogni adulto ascoltare questa richiesta, accoglierla e provvedervi subito.

Ma cosa fare quando la richiesta da parte del ragazzo non c’è, ma un genitore sente che c’è “qualcosa che non va”? O a scuola vi dicono che è necessario capire cosa accade?

E, soprattutto, quando “qualcosa non va”, e cosa vuol dire? 

Prima di continuare, vi faccio una domanda: conoscete vostro figlio?

Non parlo del bambino che vi raccontava tutto e che correva tra le vostre braccia quando era arrabbiato o triste… No… Parlo del ragazzo che oggi avete davanti, del futuro adulto che c’è lì in casa con voi, di quello che quel bambino oggi è diventato…

Probabilmente non lo conoscete del tutto, e, udite, udite, è giusto così!

Vi ho spiegato in molti precedenti articoli che i vostri bimbi stanno cercando, con fatica, di separarsi da voi, di diventare altro da voi, perciò iniziano a custodire la loro primordiale vita privata in segreto e voi non potete, e non dovete, sapere tutto di lui o lei…

Ma…

Siete ancora i maggiori esperti della natura più profonda di quell’anima…

Forse non saprete di chi si sta innamorando, o se è già incuriosito da sigarette o chissà che altro, ma, se vi fermerete ad osservarlo, sospendendo per un attimo il giudizio, saprete se qualcosa non va…

Come osservare?

Lo spirito giusto non è quello dell’investigatore, né del poliziotto persecutore… piuttosto si tratta di osservare “con la pancia” più che con la testa, di parlare con loro, di non chiedere solo della scuola, ma di interessarsi alla loro vita anche fuori scuola… 

Cosa osservare?

Il corpo: è con il corpo che esprimono la maggior parte delle loro emozioni, perciò osservate come tratta il suo corpo, cosa vi sembra voglia esprimere con i suoi vestiti o con i suoi capelli…

Porta abiti più grandi del normale? Porta maniche e pantaloni lunghi anche a ferragosto? È impossibile che si veda in spiaggia in costume? 

Può essere per moda, certo, ma può essere anche un segnale di qualcosa che non va nel suo corpo: non per forza stiamo parlando di autolesionismo o disturbi alimentari, ma sta provando un disagio legato al suo corpo, che, se da un lato è fisiologico in adolescenza, dall’altro, quando si mostra invalidante per una normale giornata al mare, può essere qualcosa in più…

Ma un solo segno non fa notizia… perciò continuate ad osservare…

La sua stanza: è il suo regno, perciò esprimerà molto di quel che sente o pensa..

Ha cambiato arredamento di recente? Mette la musica sempre a tutto volume? Urla più del solito, o peggio, è aggressivo quando entrate in stanza? C’è una linea sottile tra quello che fa parte delle manifestazioni dell’età e quello che è una manifestazione di un disagio che sta provando, una richiesta di aiuto e attenzione. Osservate “con la pancia”, non solo con la testa e capirete se la linea è stata superata.

Gli amici, la scuola: è il loro palcoscenico, è dove rivelano il loro essere sociale, dove sperimentano relazioni e conflitti. Sebbene siano due contesti molto diversi potrebbero essere rivelatori di eventuali difficoltà relazionali dei ragazzi: cercate di conoscere gli amici di vostro figlio, cercate di essere presenti per la scuola, interessatevi alle varie “versioni” del ragazzo, a volte molto diverse da quella che esprimono in famiglia… potrebbe accadere che esprima le sue emozioni con comportamenti di rabbia e ostili verso l’autorità scolastica, oppure attraverso comportamenti a rischio nel gruppo di amici. 

In famiglia: che cambi nel contesto familiare è, non solo fisiologico, ma doveroso. Ma anche qui ci sono degli elementi che potrebbero farvi drizzare le antenne: l’aggressività gratuita e perenne e spesso immotivata non può essere sempre concessa e soprattutto non fa bene alla famiglia, ma soprattutto non fa bene ai ragazzi; è abbastanza usuale che stiano chiusi nella loro stanza per la maggior parte del tempo, ma un eccessivo ritiro nella stanza, dove magari è presente anche il computer o la console dei videogiochi, la luce accesa fino a notte fonda, la porta perennemente chiusa a chiave… sono tutti elementi da considerare e che bisogna limitare fin da subito, prima che si trasformino in qualcosa di patologico difficilmente estirpabile.

Questi sono solo quattro contesti a cui prestare attenzione, ma nessuno di essi è sufficiente a definire una patologia. 

Un elemento accomuna tutto quello che vi ho detto finora: un cambiamento, un comportamento che ha iniziato ad attuare improvvisamente o poco per volta, e che incide negativamente sul rendimento scolastico, sulle amicizie, sul suo corpo o in famiglia. 

È quello che vi farà preoccupare, che vi farà dire “non lo riconosco più”…

Fate attenzione anche a sonno e alimentazione: lo vedete più stanco del solito? Sentite dei rumori frequenti notturni segno di risvegli ripetuti? Sta mangiando meno o molto di più? 

Spesso in adolescenza il pediatra diventa qualcuno da sentire solo telefonicamente, e, quando poi lascia il posto al medico di base, ancora più di rado… Se c’è qualcosa che non va contattatelo e prenotate una visita, per escludere ogni altra preoccupazione.

C’è un ultimo, ma importantissimo elemento che potrà portarvi a contattare uno psicoterapeuta infantile: ne avete bisogno voi genitori!

Proprio così… può essere che sentiate voi delle difficoltà nel rapporto con vostro figlio adolescente, che sentiate la fatica della sua ribellione costante, che abbiate bisogno di qualche dritta per ritrovare un equilibrio familiare che sembra perso… in tutti questi casi e in molti altri, contattate un terapeuta infantile per essere seguiti in un percorso di sostegno genitoriale, vostro figlio ne riceverà tutti i benefici possibili attraverso voi!