Quando portare un bambino in psicoterapia?

Questo disegno l’ha fatto una mia piccola paziente per rispondere alla mia domanda “come mai ti hanno portato qui, mamma e papà?”

Era esattamente così che si sentiva: un po’ grigia, sotto una nuvoletta antipatica che faceva piovere pensieri grigi, all’interno di un’altra nuvoletta rossa-rabbia…

Pensiamo che l’infanzia è il periodo più spensierato della vita, che i bambini non possono avere pensieri inquietanti, o che se li hanno sono “cose da bambini”… 

A volte è così: è solo un brutto sogno… 

Ma a volte le nuvole diventano sempre più grandi, con il passare del tempo, e la pioggia è sempre  più fitta, e il bambino si costruisce altre nuvole rosse di rabbia o nere di paura o grigie di tristezza.

Un bambino in questa situazione non è un bambino felice…

Quindi la prima risposta alla domanda del titolo è: un bimbo va portato in terapia quando non sembra provare gioia!

Premessa numero 1: la maggior parte dei bambini non ha bisogno di un percorso di psicoterapia…
Premessa numero 2: portare un bambino in terapia non vuol dire che siete dei cattivi genitori, anzi… vuol dire che siete genitori attenti e che ascoltano le emozioni dei loro bambini…

Nelle prossime settimane affronterò un po’ di interrogativi circa la psicoterapia infantile, un mondo sconosciuto a molti, e perciò pieno di miti e leggende, spesso false…

Oggi iniziamo con il capire quando e perché contattare uno psicoterapeuta infantile…

Avete ragione nel dire che l’infanzia DEVE essere spensierata e felice, ma cosa vuol dire nella pratica e nel quotidiano? 

Un bimbo che piange non è felice?

Ovviamente no!

Se un bimbo ha un brutto pensiero, ha litigato con il suo compagno di scuola, ha detto una bugia, ha fatto male alla sorellina, ha fatto un brutto sogno… è un bambino SANO! Soprattutto è UN BAMBINO…

Un bambino può essere rassicurato da mamma e papà, e può, anzi deve credere, che Super Mamma e Super Papà lo proteggeranno da tutto e tutti… 

Un bambino deve sapere che può essere arrabbiato, senza sperimentare che la sua rabbia sia distruttiva per sé o per gli altri…

Un bambino sa che quando è triste può correre tra le braccia di mamma e papà e sarà consolato… 

Man mano che cresce, un bambino troverà altri adulti che lo proteggeranno, ascolteranno la sua rabbia e lo consoleranno: la maestra, la nonna, il nonno, una zia, un fratello maggiore e, più avanti con l’età, un amico…

A volte tutto questo non c’è…

A volte la rabbia di un bambino è talmente tanta che fa male ad altri bambini, o alle maestre, ma, più di tutto, fa male a sé stesso… potrebbe vedere negli occhi degli altri paura nei suoi confronti, e sentirsi terrorizzato da se stesso, e reagire con altra rabbia per difendersi…

A volte la tristezza di un bambino non gli permette di affrontare il mondo in cui vive, e porta nel suo mondo grigio tutta la famiglia… 

A volte la paura di un bambino non gli permette di fare le esperienze sane per la sua età, ci esplorare e conoscere il mondo, e nulla e nessuno riesce a rassicurarlo… 

Questo ci porta ad un’altra risposta alla mia domanda: 

un bimbo va portato in terapia quando rabbia, paura o tristezza, invadono molti o tutti gli altri campi della sua vita: 

quando non riesce ad andare a scuola perché prova paura e ansia, o non riesce a giocare con altri bambini a causa della sua rabbia, o non riesce a giocare, disegnare o creare a causa della sua tristezza…

Ma perché far iniziare un percorso terapeutico ad un bambino?

La prima cosa che ci tengo a dirvi è che voi genitori siete i maggiori esperti di vostro figlio, voi l’avete conosciuto da prima che nascesse, da quando ha mosso i primi passi, dal primo giorno di nido, durante le vacanze e durante la notte e la cena… Istintivamente sapete quando c’è qualcosa che non va, dovete fidarvi di quell’istinto… A volte però l’istino viene offuscato dalla vita frenetica e dai nostri problemi personali…

Perciò…

Quando notate un cambiamento nel vostro bambino, cercate di osservarlo, di parlare con lui, di giocare con lui e stargli accanto, scoprirete se c’è qualcosa che non va…

A volte siamo presi nella nostra vita adulta e non prestiamo la giusta attenzione ai bambini, perciò, se vi accorgete che vi sta accadendo questo, o se qualcuno (maestra o la tata o qualcun altro che conosce il bambino in altri contesti) vi fa notare cambiamenti improvvisi e duraturi del piccolo, fermatevi un attimo e prendetevi il giusto tempo per stare accanto al vostro bambino… 

Se voi genitori state attraversando un cambiamento, un divorzio, un trasloco, un lutto, ma anche una nuova relazione, o un nuovo lavoro, sappiate che i bambini ci osservano e assorbono ogni nostra emozione, perciò cercate di capire se ne sta risentendo…

Capita che, a volte, per vari motivi, il bambino non manifesti il comportamento problematico in tutti i contesti, perciò non rimandate al mittente le perplessità delle maestre senza porvi le dovute domande, oppure non vi meravigliate se a scuola non mostra ciò che vi preoccupa a casa…

Osservate se ha difficoltà nel sonno o nella cena, se ha mostrato aggressività frequente e verso chi, se è diventato difficile portarlo a scuola a causa di mal di pancia o mal di testa sempre più frequenti, se è spesso triste e inconsolabile… 

I bambini manifestano con il corpo quello che gli adulti esprimono a parole, perciò il loro malessere si manifesterà grazie al corpo, all’inappetenza o all’insonnia… ascoltatelo!

Se un bambino poi chiede esplicitamente di andare da un dottore perché ha brutti pensieri, avete il dovere di rispettare la sua richiesta e correre a telefonare ad uno psicoterapeuta infantile!

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