Il disgusto nei bambini

IL DISGUSTO

Quale genitore non è stato bersaglio di una minestra sputata durante lo svezzamento?

Bene, era in azione l’emozione del disgusto…

FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA…

Innanzitutto, perché consideriamo il disgusto un’emozione?

Perché è strettamente legata alla sopravvivenza della specie, perché è immediata, dura un secondo ed è direttamente collegata ad aree cerebrali che decidono le reazioni di attacco fuga, come l’amigdala. Inoltre è universalmente riconosciuta ed espressa, cioè se un bambino italiano esprime disgusto, un bambino delle Antille riconosce la medesima emozione, pur parlando lingue diverse e vivendo in luoghi opposti…

Uno studio inglese ha identificato le sei categorie comuni che lo provocano: scarsa igiene, animali o insetti portatori di malattie, lesioni o bolle con pus sulla pelle, cibo che sta andando a male o che ha un aspetto atipico. Sono tutte situazioni potenzialmente pericolose per la nostra sopravvivenza, quindi il disgusto è il modo in cui il nostro corpo ci mette in guardia e ci protegge dai rischi.

I bambini iniziano a mostrare l’espressione tipica del disgusto molto precocemente, è un importante passaggio nella loro vita: sono i primi segnali di una propria visione del mondo, sono le prime occasioni in cui discrimina gli stimoli che la madre gli presenta secondo un suo personale filtro.

Oltre agli stimoli elencati dagli scienziati inglesi, ci disgusta anche ciò che si discosta da quello a cui siamo abituati: assaggiare per la prima volta un passato di verdure dopo aver sentito solo il sapore del latte, sentire sotto il palato il cucchiaino, più rigido della tettarella e del seno materno, sentire una diversa temperatura… sono tutti elementi che fanno aumentare l’allerta, ci fanno serrare le mandibole, e arricciare il naso, per allargare le narici e aumentare il senso dell’olfatto per avere più informazioni possibili…

Il disgusto chiude lo stomaco e spesso genera un senso di nausea, in questo modo qualora avessimo ingerito qualcosa di pericoloso, avremmo la possibilità di espellerlo immediatamente!

Insomma la natura ha pensato proprio a tutto!

C’è persino un fondamento scientifico nell’odio dei bambini (e non solo) verso il colore verde: ai primordi della civiltà le parti verdi di molte piante erano velenose e a volte mortali….

Quindi che si fa?

Prima regola generale: Scopriamo ciò che disgusta noi! Si avete capito bene… è molto probabile che il nostro astio verso le zucchine passi inalterato a nostro figlio, perché? Semplice, per tutto ciò che ho scritto prima: all’inizio della nostra vita il primo sguardo che cerchiamo per capire se possiamo fidarci o no è quello dei genitori, perciò se ha percepito il nostro disgusto per le zucchine o gli insetti o chissà che altro, probabilmente non vorrà nemmeno assaggiarlo/guardarlo, perché potenzialmente pericolosissimo.

Poi abbiamo due scelte: provare ad assaggiare le zucchine e scoprire che non sono poi così male, prima di proporle al nostro bambino, oppure dichiarare apertamente che non ci piacciono, ma che preferireste che lui le assaggiasse prima di decidere se mangiarle o no… probabilmente non funzionerà, ma avrà tempo di rivalutare la cosa in futuro…

Seconda regola: ciò che non conosciamo, a volte, non ci piace. Perciò proviamo a cucinare insieme gli spinaci, o addirittura a coltivarli in balcone, cerchiamo in libreria un libro sui ragni e leggiamolo insieme, abituiamoli fina da piccolissimi alla più ampia varietà di sapori, dal pesce alla frutta: il gusto è un senso che si affina col tempo e con l’esperienza…

Un’ultima precisazione:

Alcuni bambini sentono il disgusto molto più forte di altri, hanno davvero mal di pancia e sentono di stare per vomitare: scoprite perché è così poco propenso ad assaggiare, se lo stomaco chiuso non ha a che fare con altre emozioni, come la tristezza, o se la nausea non è un segnale della sua rabbia.

Sta sentendo davvero quell’emozione, ma come tutte le altre emozioni, anche il disgusto non deve essere predominante sulle altre emozioni e impedirgli di vivere appieno la sua vita. Se notate che c’è qualcosa che non va, approfondite, anche con l’aiuto di un professionista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *