La scuola è finita… anche quest’anno!

Quest’anno scolastico per infanzia e primaria è stato l’anno più difficile.

Si molto più difficile dello scorso anno!

Lo scorso anno, il lockdown vero, più duro, ha permesso ai bambini di avere maggior tempo passato in casa con mamma e papà, di beneficiare di tempi più rilassati, senza la frenesia quotidiana di sempre. Certo sono mancati i nonni, gli amici, sono mancate le gite di gruppo, i cinema e i parchi affollati… ma, per qualche mese, dei benefici ci sono stati. 

Molti genitori mi raccontano, durante l’incontro iniziale, che durante il lockdown sembrava che i bambini stessero molto meglio…

Poi è arrivata l’estate, e, nonostante sia stata un’estate molto diversa dalle altre, si è potuta respirare una normalità, anche se strana e “mascherata” …

Poi è ricominciata la scuola… 

La scuola però era proprio tanto diversa!!!

Non so se vi siete resi conto di quanto, per un bambino della primaria, sia stato difficile ricominciare, riprendere la consuetudini, gli orari, ricominciare a star seduti per tanto tempo. 

Le maestre e i compagni erano a portata di sguardo, ma non si poteva scorgere un sorriso, né avere un contatto di alcun tipo. 

Non so se avete visto le educatrici della scuola dell’infanzia del vostro bambino con i suoi occhi: mascherina, camice e visiera mettevano una reale barriera tra loro e gli adulti. 

La quotidianità, che nel primo rigido lockdown si era interrotta, adesso era tangibilmente modificata…

Lo scorso anno i bambini, spesso protetti dalle terribili notizie sulla pandemia, hanno vissuto una sorta di avventura, la scuola si faceva a casa, dal computer “come i grandi”, il pranzo lo preparava la mamma, e il soggiorno poteva essere messo a soqquadro, senza troppi richiami, anche le regole di sonno e sveglia erano meno rigide….

Certo dopo qualche mese erano stanchi e provati (sempre meno dei loro genitori!), ma l’estate prometteva bene per tutti…

Questo è stato l’anno scolastico della rassegnazione, è stato l’anno dell’interrogativo “Non finirà mai?”, “sarà così per sempre?”…

Poi, però, i bambini ci hanno stupito (lo fanno sempre)… 

Si sono adattati, hanno ritrovato una loro normalità, una loro routine, un loro modo di affrontare la nuova scuola.. 

Adesso è finito un anno scolastico che mai avremmo previsto, difficile e sorprendente. 

Dite loro che sono stati bravi, che sapete che quest’anno è stato molto diverso, forse più difficile, e che ora si meritano un riposo da supereroi… 

Ci sono stati parecchi eroi in questo periodo, in pochi hanno pensato ai bambini, piccoli grandi supereroi che hanno lasciato un anno di spensieratezza tra il 2020 e il 2021, che sognano di diventare “dottori che fanno il vaccino”, oppure di “lavorare al computer come mamma e papà” e che conoscono tutte le regole igieniche e che sanno che le maestre non hanno potuto dare loro il bacio sulla bua senza mascherina, e, nonostante tutto ciò, non hanno fatto i capricci!

Lo psicoterapeuta infantile: sai chi sono?

Ho studiato tantissimo per imparare a giocare con bambole, trenini, matite e colori!

Proprio così… ma cosa ho studiato e come gioco con i bambini?

La formazione dello psicoterapeuta infantile:

Innanzitutto ci tengo a precisare che lo psicoterapeuta infantile è uno psicologo che ha poi intrapreso una specializzazione specifica in psicoterapia infantile, oppure, come nel mio caso, in psicoterapia generale e poi ha frequentato un master ulteriore in psicoterapia infantile. Inoltre ha effettuato un tirocinio specifico nell’infanzia. 

La psicoterapia infantile è molto diversa dalla psicoterapia per adulti, e, se è vero che uno psicoterapeuta infantile, che ha anche una formazione per l’età adulta, può occuparsi di un paziente adulto, riscoprendo il bambino che è dentro ognuno di noi e comprendendo come aiutarlo, non è vero il contrario!

Uno psicoterapeuta che non ha una formazione specifica per l’infanzia, né un’esperienza relativa, difficilmente avrà gli strumenti necessari per ascoltare quello che un bambino esprime attraverso il suo comportamento, il gioco e i suoi silenzi, e, ancor più difficilmente saprà sostenerlo e aiutarlo come merita. 

(Qui trovate il mio percorso ad esempio: http://www.alessandra-simone.it/di-cosa-mi-occupo/).

La stanza dello psicoterapeuta infantile:

Lo psicoterapeuta infantile è quindi uno psicologo che ha imparato a giocare, a disegnare, a manipolare il didò, a raccontare favole, e ha imparato ad ascoltare il bambino attraverso tutto questo.

Perciò la stanza dello psicoterapeuta infantile dovrà avere tutto questo:

Colori di vario tipo, fogli, casetta per le bambole, materiali manipolabili (come sabbia plastilina, creta…), animali, trenini e macchinine, libri, giochi simbolici, giochi da tavolo, uno specchio… 

Tutto questo aiuterà il bambino a rilassarsi dopo un primo, sanissimo, timore iniziale; ma aiuterà il terapeuta a comprendere meglio il bambino attraverso la scelta di giochi, materiali ed espressività. 

Detto ciò, inizia il nostro percorso insieme…

Il primo contatto:

Quando un genitore mi contatta per la prima volta è generalmente molto preoccupato, spesso spaventato, a volte arrabbiato o triste perché non capisce cosa sta accadendo al suo bambino.

Spesso sono le maestre a far notare il problema a i genitori, altre volte il bambino è difficile da gestire a casa, o mamma e papà si accorgono che c’è qualcosa che non va e vogliono aiutarlo.

È importante che i genitori si sentano accolti e compresi e, soprattutto, non colpevolizzati. 

Spesso ci si sente soli quando un figlio mostra delle difficoltà, e ci si sente in colpa…

È importante che sappiate che lo psicoterapeuta infantile non ricerca colpevoli, né malattie… 

Non ricerca cosa non va, ma cosa può andare meglio!

Il primo colloquio:

Ogni psicoterapeuta ha un suo modo di affrontare il percorso terapeutico, perciò quello di cui vi parlerò adesso è quello che accade con me…

Per me è importantissimo vedere entrambi i genitori prima di vedere il bambino. In questo primo incontro approfondiremo insieme come il problema è visto da entrambi i genitori, cosa ne pensano del possibile percorso che il bambino intraprenderà e l’anamnesi del bambino: gravidanza, parto, infanzia, scuole, modalità comportamentali e peculiarità familiari, particolari eventi che hanno contraddistinto la famiglia… Tutto è importante per comprendere al meglio il bambino. 

Ma la cosa più importante di questo primo incontro per voi genitori è comprendere chi sono, decidere se darmi fiducia e sentirvi accolti e non più soli in questo momento.

Per il bambino è importantissimo quello che i genitori sentono e pensano: se sentirà che mi avete già conosciuta e che vi fidate di me, anche lui si affiderà e questo aiuterà tantissimo il percorso insieme…

Durante il primo colloquio parleremo anche di come preparare il bambino al nostro incontro, in modo specifico per lo specifico bambino. 

Generalmente nell’incontro con i genitori chiederò cosa piace al bambino, se ama disegnare o giocare con le macchinine o con le bambole, in modo da proporglielo durante il nostro primo incontro… 

Fino ai 6 anni potreste preparare il bambino spiegandogli che non sono un dottore come gli altri, non curo tosse o raffreddore, ma che mi occuperò di capire perché è un po’ arrabbiato o triste o non gli va di mangiare o qualsiasi altra cosa lo stia turbando al momento…

Potreste anticipargli che da me si gioca e si disegna, non gli farò punture e non gli darò medicine amare…

In età scolare potreste dire al bambino che sono una persona che lo aiuterà a capire cosa c’è che non va e che aiuterà lui e voi a stare meglio insieme… 

Il primo incontro con il bambino:

Durante il primo incontro con il bambino sarà necessario rassicurare i suoi timori legittimi; insieme esploreremo l’ambiente, e scoprirà le “regole” del nostro percorso: è importante che sappia che quello che accade nella mia stanza sarà custodito da parte mia, e che se c’è qualcosa che dovrò dire a mamma e papà prima ne parlerò con lui o lei. Seconda regola è che nella mia stanza potrà usare e fare tutto quello che vuole, l’importante è che non si metta in pericolo e che a 5 minuti prima della fine insieme riordiniamo tutto. 

Il gioco, il disegno, sono i modi in cui il bambino esprime e comunica le sue emozioni e i suoi bisogni, perciò è quello che faremo insieme…

Durante il primo colloquio potrebbe essere importante per il bambino che i genitori entrino in stanza insieme a lui… è giusto così, non sentitevi sotto esame… dobbiamo comprendere insieme cosa è meglio per tutti…

La stessa barca:

Un terapeuta che si occupa di bambini non prende in cura solo il bambino, ma si occupa di accogliere su una barca tutte le figure intorno a quel bambino: genitori, insegnanti, tate, nonni, fratelli e sorelle… 

Il bambino passerà solo un’ora a settimana con il terapeuta: la vera “cura” avverrà solo se il contesto in cui è inserito saprà come accogliere al meglio i bisogni e le espressioni di quel bambino.

Perciò non esitate a telefonare al terapeuta che ha in cura il bambino per dubbi o problemi che si presentano in settimana; inoltre potrà essere importante incontrare le insegnanti per comprendere meglio come il bambino si relaziona in un altro contesto.

La restituzione:

Dopo qualche incontro con il bambino probabilmente incontrerò di nuovo voi genitori per definire insieme quale potrà essere il percorso da fare con il bambino, gli obiettivi ed eventuali iniziali miglioramenti in famiglia o a scuola. 

In alcuni casi potrebbe essere necessario consultare altri professionisti, come il logopedista o lo psicomotricista o il neuropsichiatra infantile per avere tutti gli strumenti per aiutare il bambino. 

Potrebbe accadere, specialmente se i bambini sono molto piccoli, o se il bambino non vuole venire da me, che io veda il bambino solo sporadicamente, e che invece incontri voi genitori con frequenza settimanale: in questo modo si dice che la terapia sul bambino è distale, cioè modificando e migliorando delle modalità genitoriali agirò “a distanza” anche sul comportamento del bambino…. È importante che abbiate ben presente che non si tratterà di una terapia personale per voi, ma di un miglioramento della genitorialità di cui beneficerete tutti!

È importante sottolineare che al timone di questa barca ci sarà il bambino!

Cosa voglio dire con questo?

Tutti rispetteremo i tempi del bambino… ci sono bambini che hanno bisogno di qualche incontro prima di pronunciare le prime parole, altri saranno presi dal contesto e solo dopo affronteranno il problema, altri non percepiscono quello che per voi è un problema come un suo problema, altri ancora sembreranno migliorare miracolosamente e sarà importante dare loro un tempo per stabilizzare il miglioramento e verificarlo nel tempo…

Le tempistiche di una psicoterapia infantile generalmente sono nell’ordine dei mesi, non degli anni, ma sarà la valutazione del singolo bambino a definire anche questo. 

So che è dispendioso sia economicamente sia praticamente accompagnare un bambino in terapia, ma fidatevi e affidatevi, il momento opportuno per interrompere arriverà, e una buona chiusura di terapia con il bambino rafforzerà tutti i risultati raggiunti durante l’intero percorso, non abbiate fretta perciò!

Quando portare un bambino in psicoterapia?

Questo disegno l’ha fatto una mia piccola paziente per rispondere alla mia domanda “come mai ti hanno portato qui, mamma e papà?”

Era esattamente così che si sentiva: un po’ grigia, sotto una nuvoletta antipatica che faceva piovere pensieri grigi, all’interno di un’altra nuvoletta rossa-rabbia…

Pensiamo che l’infanzia è il periodo più spensierato della vita, che i bambini non possono avere pensieri inquietanti, o che se li hanno sono “cose da bambini”… 

A volte è così: è solo un brutto sogno… 

Ma a volte le nuvole diventano sempre più grandi, con il passare del tempo, e la pioggia è sempre  più fitta, e il bambino si costruisce altre nuvole rosse di rabbia o nere di paura o grigie di tristezza.

Un bambino in questa situazione non è un bambino felice…

Quindi la prima risposta alla domanda del titolo è: un bimbo va portato in terapia quando non sembra provare gioia!

Premessa numero 1: la maggior parte dei bambini non ha bisogno di un percorso di psicoterapia…
Premessa numero 2: portare un bambino in terapia non vuol dire che siete dei cattivi genitori, anzi… vuol dire che siete genitori attenti e che ascoltano le emozioni dei loro bambini…

Nelle prossime settimane affronterò un po’ di interrogativi circa la psicoterapia infantile, un mondo sconosciuto a molti, e perciò pieno di miti e leggende, spesso false…

Oggi iniziamo con il capire quando e perché contattare uno psicoterapeuta infantile…

Avete ragione nel dire che l’infanzia DEVE essere spensierata e felice, ma cosa vuol dire nella pratica e nel quotidiano? 

Un bimbo che piange non è felice?

Ovviamente no!

Se un bimbo ha un brutto pensiero, ha litigato con il suo compagno di scuola, ha detto una bugia, ha fatto male alla sorellina, ha fatto un brutto sogno… è un bambino SANO! Soprattutto è UN BAMBINO…

Un bambino può essere rassicurato da mamma e papà, e può, anzi deve credere, che Super Mamma e Super Papà lo proteggeranno da tutto e tutti… 

Un bambino deve sapere che può essere arrabbiato, senza sperimentare che la sua rabbia sia distruttiva per sé o per gli altri…

Un bambino sa che quando è triste può correre tra le braccia di mamma e papà e sarà consolato… 

Man mano che cresce, un bambino troverà altri adulti che lo proteggeranno, ascolteranno la sua rabbia e lo consoleranno: la maestra, la nonna, il nonno, una zia, un fratello maggiore e, più avanti con l’età, un amico…

A volte tutto questo non c’è…

A volte la rabbia di un bambino è talmente tanta che fa male ad altri bambini, o alle maestre, ma, più di tutto, fa male a sé stesso… potrebbe vedere negli occhi degli altri paura nei suoi confronti, e sentirsi terrorizzato da se stesso, e reagire con altra rabbia per difendersi…

A volte la tristezza di un bambino non gli permette di affrontare il mondo in cui vive, e porta nel suo mondo grigio tutta la famiglia… 

A volte la paura di un bambino non gli permette di fare le esperienze sane per la sua età, ci esplorare e conoscere il mondo, e nulla e nessuno riesce a rassicurarlo… 

Questo ci porta ad un’altra risposta alla mia domanda: 

un bimbo va portato in terapia quando rabbia, paura o tristezza, invadono molti o tutti gli altri campi della sua vita: 

quando non riesce ad andare a scuola perché prova paura e ansia, o non riesce a giocare con altri bambini a causa della sua rabbia, o non riesce a giocare, disegnare o creare a causa della sua tristezza…

Ma perché far iniziare un percorso terapeutico ad un bambino?

La prima cosa che ci tengo a dirvi è che voi genitori siete i maggiori esperti di vostro figlio, voi l’avete conosciuto da prima che nascesse, da quando ha mosso i primi passi, dal primo giorno di nido, durante le vacanze e durante la notte e la cena… Istintivamente sapete quando c’è qualcosa che non va, dovete fidarvi di quell’istinto… A volte però l’istino viene offuscato dalla vita frenetica e dai nostri problemi personali…

Perciò…

Quando notate un cambiamento nel vostro bambino, cercate di osservarlo, di parlare con lui, di giocare con lui e stargli accanto, scoprirete se c’è qualcosa che non va…

A volte siamo presi nella nostra vita adulta e non prestiamo la giusta attenzione ai bambini, perciò, se vi accorgete che vi sta accadendo questo, o se qualcuno (maestra o la tata o qualcun altro che conosce il bambino in altri contesti) vi fa notare cambiamenti improvvisi e duraturi del piccolo, fermatevi un attimo e prendetevi il giusto tempo per stare accanto al vostro bambino… 

Se voi genitori state attraversando un cambiamento, un divorzio, un trasloco, un lutto, ma anche una nuova relazione, o un nuovo lavoro, sappiate che i bambini ci osservano e assorbono ogni nostra emozione, perciò cercate di capire se ne sta risentendo…

Capita che, a volte, per vari motivi, il bambino non manifesti il comportamento problematico in tutti i contesti, perciò non rimandate al mittente le perplessità delle maestre senza porvi le dovute domande, oppure non vi meravigliate se a scuola non mostra ciò che vi preoccupa a casa…

Osservate se ha difficoltà nel sonno o nella cena, se ha mostrato aggressività frequente e verso chi, se è diventato difficile portarlo a scuola a causa di mal di pancia o mal di testa sempre più frequenti, se è spesso triste e inconsolabile… 

I bambini manifestano con il corpo quello che gli adulti esprimono a parole, perciò il loro malessere si manifesterà grazie al corpo, all’inappetenza o all’insonnia… ascoltatelo!

Se un bambino poi chiede esplicitamente di andare da un dottore perché ha brutti pensieri, avete il dovere di rispettare la sua richiesta e correre a telefonare ad uno psicoterapeuta infantile!