La malattia di un genitore

Inizio con un ripasso generale su tre punti cruciali dell’adolescenza: 

-non sono ancora adulti ma non sono più bambini; 

-stanno cercando con fatica di separarsi da voi; 

-sono pervasi da emozioni forti che non sempre riescono a domare.

(Può tornarvi utile rileggere l’articolo “Le fasi dell’adolescenza”)

Come questi tratti connotativi dell’adolescenza interagiscono con un evento così sconvolgente come la malattia di un genitore?

Come possiamo fare in modo che quello che sta accadendo nella vostra famiglia non modifichi in modo irreparabile il fisiologico percorso di questa delicata fase di vita?

Come sempre cercate prima di tutto di comprendere cosa vi sta accadendo, di metabolizzare la notizia e di capire quale sarà il possibile decorso della malattia: per parlare e rassicurare vostro figlio bisogna aver superato il primo shock della notizia.

Ora che sapete cosa vi capiterà e quali sono le possibili prognosi o l’eventuale decorso potete affrontare il vostro ragazzo.

Prima regola: chiarezza.

Le mezze frasi, le parole non dette, le “generiche” visite dal medico fanno intendere che c’è qualcosa che non va, ma non esplicitano cosa non va! E, come spesso accade, il mondo immaginato è più spaventoso del reale. 

Perciò prendete vostro figlio da parte e con calma e fermezza spiegategli cosa vi sta accadendo, spiegate come avete deciso di muovervi in accordo con i medici che vi stanno seguendo, cosa accadrà nel breve periodo, come e se proseguirete il lavoro, e, soprattutto, cosa cambierà nella vita familiare.

Sono in grado di comprendere tutto ciò che spiegherete loro…sapervi in buone mani e con un’idea chiara del percorso che affronterete li rassicurerà.

Seconda regola: sincerità e condivisione.

Siate sinceri, dite loro che anche per voi è stata una notizia difficile, che avete avuto paura, ma che avete deciso di affidarvi a medici e strutture che sapranno aiutarvi al meglio. 

Condividete con loro le emozioni contrastanti che sentite, probabilmente le stanno sentendo anche loro mentre gli parlate… Impareranno che si può parlare di emozioni, che è lecito aver paura o essere arrabbiati. 

Gli adolescenti sono meno propensi dei più piccoli a raccontare di aver paura che potreste non superare la malattia, perciò parlatene voi, chiedete…

Terza regola: lasciate che vivano la loro adolescenza.

Adolescenza vuol dire liti con i genitori, spesso anche molto forti, vuol dire cercare in tutti i modi di volar via dal nido, vuol dire intaccare in ogni modo possibile il ruolo genitoriale…

Può capitare che un genitore con una malattia renda tutto un po’ ovattato: potrebbero avere sensi di colpa dopo una lite accesa, oppure uscire di casa il meno possibile per paura di perdere momenti preziosi, oppure diventare iperesponsabili, occupandosi della casa o dei fratelli minori più di quanto si dovrebbe fare alla loro età… 

Non lasciate che questo accada… dite loro in modo chiaro e fermo che va bene discutere per un’ora in più sul coprifuoco, che va bene passare una notte a casa della migliore amica, che non devono sostituirsi a voi in casa, ma solo fare la loro parte… 

Il messaggio che deve passare è che la malattia ha intaccato le vostre energie fisiche, ma non la vostra potenza genitoriale!

Quarta regola: restate genitori.

Ogni tanto durante la giornata guardatevi allo specchio: questa è l’immagine che i vostri figli hanno davanti quando vi guardano. 

Perciò curate sempre il vostro aspetto, anche durante i periodi più bui: comunicherete ai vostri ragazzi che sono molto importanti per voi e che volete apparire al meglio per loro.

Non siate “più buoni” perché “stanno già affrontando un periodo complicato…”: rischiate solo di metterli nel ruolo di vittime; hanno bisogno di scontrarsi con voi, di costruire la propria autonomia, di essere contenuti, e questo passa anche per le regole e i richiami che voi darete loro.

Riposate quando ne sentite il bisogno, non sforzatevi di restare superattivi per stare vicino a loro: gli darete un grande insegnamento, è importante prendersi cura di se stessi, è importante ascoltare il proprio corpo e rispettarne i bisogni

Quinta regola: osservate e ascoltate.

Cercate quello che è nascosto sotto la superficie! Potrebbero provare rabbia, per quello che sta capitando a voi, o perché sentono di essere diversi dai loro coetanei, oppure perché sono combattuti tra lo starvi accanto il più possibile e l’esplorare il mondo in autonomia; potrebbero provare tristezza perché non vedono più il genitore che eravate prima della malattia, oppure potrebbero provare paura perché non sanno cosa vi accadrà… 

Ma… potrebbero nascondere tutte queste emozioni… 

Perciò potrebbero apparire freddi, distaccati, senza emozioni: non fatevi ingannare, le hanno solo nascoste… perciò il vostro compito è farle emergere per poterne parlare insieme.

Sesta regola: date importanza al corpo.

Per quanto riguarda il corpo potrei dire che state affrontando una fase simile: una trasformazione… L’adolescente si trova in un corpo in trasformazione che non sempre riconosce come proprio e che spesso non gli piace. Il genitore ammalato si trova in un corpo che ha subito un danno e che sta cercando di trasformare grazie alle cure e che non sempre gli piace… 

Parlate del corpo, di come è strano sentirsi in un corpo che non risponde sempre a quello che gli chiediamo. Rassicurateli sulla malattia, non verrà il cancro anche a loro! Ma devono imparare a prendersene cura…

settima regola: siete una famiglia!

Non siete soli in questo percorso: il partner può essere fondamentale per fare da ponte tra l’affrontare la malattia e il mondo com’era prima della malattia; i nonni, gli zii, gli amici… tutti possono esservi d’aiuto, per sostenere voi, per parlare con i ragazzi (con un altro adulto può essere più semplice dire che si è arrabbiati perché non siete andati ad assistere alla loro ultima partita di calcio a causa della malattia). 

Anche i familiari o gli amici meno empatici potrebbero essere felici di aiutarvi nell’alleggerirvi di qualche incombensa e quindi di non dare ulteriori impegni all’adolescente.

Ottava regola (la più importante!): Fatevi sostenere!

In quasi tutte le strutture che si occupano di malati oncologici esiste una figura per il sostegno psicologico per il malato e per i familiari, chiedete un incontro! 

Le professoresse dovrebbero essere informate, per comprendere meglio eventuali cambiamenti dei ragazzi e comunicarveli tempestivamente.

Uno psicoterapeuta potrebbe aiutare i ragazzi ad esprimere le loro emozioni, a distinguerle e ad affrontarle, senza sensi di colpa o comportamenti disfunzionali.

Per ultimo: Grazie e scusa.

Imparate a chiedere grazie e scusa e lo insegnerete ai vostri figli.

La malattia insegna che non siamo eterni e che la nostra vita può subire degli scossoni non indifferenti, facciamoci trovare in pari con i grazie e con le scuse, permettiamo ai ragazzi a fare altrettanto. 

Parlare della malattia di un genitore con i libri

A volte, attraversiamo dei momenti difficili da metabolizzare. 

A volte siamo molto preoccupati per noi e non riusciamo a rassicurare i più piccoli.

A volte siamo noi nell’occhio del ciclone e non riusciamo a stare accanto a chi è intorno a noi.

A volte un racconto ha le parole giuste.

A volte la parola scritta ci permette di mettere uno spazio tra le emozioni forti di paura, tristezza e rabbia e quello che vogliamo realmente esprimere…

A volte le immagini di alcuni libri arrivano più dirette di mille parole…

Oggi vi parlo di tre libri (ma ce ne sono molti di più sul tema), spiegano in modo diverso e per diverse età la malattia ai bambini. 

In tutti e tre emerge la cascata di emozioni che derivano da un evento come questo:

la paura iniziale, la tristezza delle cure difficili e spossanti, la rabbia dei bambini che si sentono privati di un genitore. 

In tutti ci sono spunti su come raccontare, su come rispondere alle domande, su come trasformare la routine familiare per trovare un equilibrio anche quando tutto sembra vacillare…

La pazienza dei sassi

Di Ierma Sega 

Illustrato da Michela Molinari

Edito da Il prato edizioni

Questo è un libro gentile, paziente, elegante, ma d’impatto. Solo con la pazienza il mondo di Luca, che si è capovolto all’improvviso, potrà trovare nuova stabilità e un nuovo equilibrio e nuova speranza…

Quando il mio papà è tornato

di Margherita Rean Aussel 

illustrato da Ilaria Pigaglio

(Scaricabile sul sito dell’aimac, dove si può anche fare una donazione https://www.aimac.it/libretti-tumore/quando-papa-tornato)

 Anche il papà più forte del mondo può essere stanco per colpa di una malattia brutta e antipatica… In questo libro ci sono parecchie risposte alle domande dei bambini, ed emerge tutta l’importanza dell’altro genitore che può riuscire ad alleggerire una situazione pesantissima e può trasformare un’esperienza potenzialmente insuperabile in un momento di grande vicinanza e rassicurare i piccoli di casa con un po’ di gioco, fiaba e magia.

 Mamma uovo. La malattia spiegata a mio figlio (c’è anche la versione papà uovo, a seconda che l’ammalato sia il papà o la mamma)

Di Gabriella De Benedetta, Silvia D’Ovidio, Antonello Pinto

Illustrato da    S. Staino

Edito da Marotta e Cafiero

La malattia, ma anche le cure, la chemio, gli effetti collaterali… il linguaggio è semplice e i disegni efficaci: la verità medica a portata di bambino.

Sono tre libri, ma ce ne sono molti di più…

Ma questa volta vi propongo un nuovo libro, scritto da voi!

Se ne avete voglia e se avete abbastanza energie, la fiaba migliore per spiegare quello che vi sta accadendo la potete scrivere solo voi… Inventate un linguaggio speciale, magico o buffo, per parlare del tumore;  raccontate del drago da sconfiggere, descrivetelo, disegnatelo; trasformatevi in eroi, anche se con una macchia e un po’ di paura; parlate, con tutto l’amore e la semplicità che potete, delle vostre emozioni al vostro bambino…. Lo apprezzerà! 

E, ne sono sicura, sarà terapeutico anche per voi!

Quando mamma o papà si ammalano

Il tumore spiegato ai bambini

È molto difficile per me scrivere questo articolo. Ma anche questo è un altro possibile evento nella vita di un bambino, che resta ben impresso nella memoria.

E’ triste e ingiusto, e, in un mondo perfetto, i bambini non dovrebbero mai averci a che fare: la malattia di un genitore… Ma non c’è un mondo perfetto, e nemmeno imperfetto…

c’è solo un mondo, ed è da qui che voglio partire…

I bambini vivono in un mondo, il loro mondo. In questo mondo tutti gli adulti sono forti e in salute (come potrebbe essere diversamente?? Sono grandi, perciò non si ammalano, non hanno la febbre o l’influenza come i bambini…). D’altronde, se si ammalassero, chi si occuperebbe dei bambini? Chi li accompagnerebbe a scuola? Chi leggerebbe la favola della buonanotte? Chi misurerebbe loro la febbre e cucinerebbe un brodo caldo per farli guarire?… Nooo, non è proprio possibile che si ammalino i grandi!!

Ma un brutto giorno, il papà e la mamma sono un po’ più tristi del solito, la mamma li sgrida un po’ di più, il papà si dimentica di dare il bacino della buonanotte, la nonna fa più carezze del solito, e anche qualche regalo in più: il mondo dei bambini inizia ad avere qualche nuvola nera, i bambini captano subito l’atmosfera diversa, più tesa, e iniziano un po’ a preoccuparsi… nessuno parla con loro, nessuno spiega cosa sta accadendo, ma sono tutti molto presi da un argomento segreto, che non sembra essere molto bello… bisbigliano, a volte non si arrabbiano per marachelle piuttosto importanti, a volte si arrabbiano tanto se i bimbi non vogliono assaggiare i broccoli… 

Poi il papà cambia un po’, oppure la mamma è sempre più magra, a volte perdono i capelli… i bambini, allora, capiscono che c’è qualcosa di più preoccupante, ma ancora nessuno parla e spiega! Perciò, quelle nuvole sul loro mondo si fanno più cupe, e può capitare che i bambini facciano dei sogni molto brutti, in cui immaginano le cose più orribili, e sentono sempre più paura, solitudine e tristezza…

Poi il papà è sempre più stanco, e non può più giocare a calcio al parco, o la mamma spesso non è in casa, a volte hanno bisogno di passare un po’ di tempo in ospedale, ma, a volte, ai bambini viene detto che vanno per un po’ via per lavoro o chissà dove… A questo punto nel mondo dei bimbi entra anche un po’ di rabbia… Uffa!! Perché mamma non sta mai con me??? Perché papà non torna a casa???

Nella maggior parte dei casi, per fortuna, la mamma o il papà, tornano a casa e quei mesi passati non sono che un ricordo, ma lasciano nel bambino quel miscuglio di parole non dette e sguardi silenziosi che generano ansia e insicurezza, e dei ricordi di nuvole nere che non si riescono a dissipare…

Cosa fare per rendere il mondo dei bambini senza nuvole? 

Non si può. Ma si fare in mondo che i bambini guardino le nuvole, sentano la paura e si sentano comunque rassicurati e non soli nel loro mondo. Si può permettere ai bambini di esprimere le loro emozioni, anche in un mondo imperfetto. Si può fare in mondo che i bambini si sentano in grado di affrontare anche il più nero dei cieli, senza esserne sopraffatti…

Come fare?

Metabolizzate la notizia.

Prima di pensare a come dirlo ai bambini, prendete qualche ora, o qualche giorno, per masticare le parole tumoremalattiapauraesamicure difficiliospedalimedici e qualsiasi altra parola vi venga in mente. Che effetto vi fanno? Ne siete spaventati? È giusto… Ne siete sopraffatti? Respirate… Parlatene con il partner, con i familiari più stretti, lasciatevi rassicurare… Parlate con i medici che si occuperanno di voi, affidatevi, capite cosa vi aspetta e come procederete… non avrete tempo e probabilmente non avrete energie per occuparvi in prima persona anche delle cure mediche, non è il vostro ruolo… Se sentite che questo è troppo per voi, cercate qualcuno che vi aiuti, è un vostro diritto in quanto malati e un vostro dovere in quanto genitore.

Dite la verità.

I bambini hanno bisogno di verità. Qualsiasi età abbiano, hanno capito che c’è qualcosa che non va. Se non sarete sinceri con loro, probabilmente le loro fantasie saranno più tragiche di quello che è in realtà, e in più si sentiranno soli, senza nessuno con cui parlare o a cui confidare le proprie paure. Dubiteranno di loro stessi e delle loro sensazioni e intuizioni. Perciò parlate con loro… Certo in modo diverso per ogni età:

0-2 anni. Nel periodo preverbale, e fino ai 2 anni circa di età, probabilmente i bambini non comprendono tutto quello che direte loro, ma è importante che sentano il vostro tono calmo e rassicurante, è importante che comunichiate con loro guardandoli negli occhi, che li abbracciate, che facciate sentire loro la fisicità e la presenza, che si sentano contenuti e sostenuti. In questa fase i cambiamenti fisici potrebbero spaventarli, fate in modo che siano graduali e che vi vedano cambiare giorno per giorno. Cambiate il modo di giocare con loro se sentite di non avere le forze per giocare come prima, lo sforzo non ha mai fatto bene a nessuno. Fatevi aiutare da parenti e amici nella gestione dei piccoli, sarà tutto un po’ più leggero se condiviso. 

2-5 anni. In questa fase c’è un pensiero magico che può far pensare ai bambini di aver fatto qualcosa di sbagliato che ha fatto ammalare i genitori, ma sarà lo stesso pensiero magico che attenuerà un po’ la loro paura. In questa età potete spiegare con termini semplici quello che sta accadendo: “c’è una pallina cattivella che è entrata nella mamma e bisogna fare di tutto per farla andar via”; “le medicine che prenderà il papà sono fortissime, perché devono sconfiggere la pallina, e perciò fanno venire un po’ di sonno”; “La mamma andrà sotto un raggio laser che sconfiggerà la pallina cattiva”; “tra un po’ perderò i capelli, perché devo mettermi una parrucca da fata: ci vogliono dei poteri magici per sconfiggere la pallina”… Insomma la favola che racconterete sarà quella che vi verrà più spontanea… L’importante è che ci sia un cattivo (il tumore), un aiutante (i medici), delle armi magiche (radio e chemioterapia), e un eroe che guarirà: voi!! 

6-10 anni. A questa età sono in grado di comprendere bene tutte le fasi, certo sono spaventati anche loro, ma probabilmente sanno già cosa vuol dire tumore, avranno delle esperienze positive o negative che hanno interessato amici o parenti. Perciò teneteli al corrente di tutte le fasi della malattia e delle varie cure. E fateli parlare… come si sentono? C’è qualche domanda che vogliono farvi? Spiegate come cambierà la loro routine, chi li accompagnerà dove. Probabilmente non potranno venire a trovarvi molti amici, bisognerà essere più cauti, (soprattutto in questo periodo di covid) per poi tornare più forti di prima… Spiegate tutto ciò che potete, a questa età sono logici, perciò colmeranno i vuoti di informazione con le loro ipotesi, e potrebbero essere più spaventose della realtà.

Dite la verità su quello che conoscete circa le possibilità di guarigione… qualsiasi sia la prognosi è importante che comprenda che vi impegnerete con tutti voi stessi per sconfiggere il tumore, e che non mollerete per niente al mondo, perché è troppo bello essere la loro mamma o il loro papà… e lo sarete per sempre qualsiasi cosa accada. 

Il giusto momento e il giusto spazio.

Non parlate con loro la sera prima di andare a dormire, potreste lasciarli con delle angosce difficili da gestire di notte. Non parlate loro prima della scuola, per gli stessi motivi. Parlatene a pomeriggio, predisponete un giusto tempo da dedicare loro dopo, per un gelato o una passeggiata al parco. State accanto a loro e in ascolto.

Ascoltate le loro domande.

Anche quelle nascoste… Se è venuta a te questa pallina può venire anche dentro di me? Morirai? Mi lascerai solo? Vivrò per sempre dalla nonna? Non riuscirai mai più a fare una corsa con me? Rispondete come vi sentite di rispondere: ricordate sempre che siete voi i massimi esperti dei vostri figli, e la vostra risposta sincera sarà la migliore possibile. 

Fatevi degli alleati.

Qualsiasi sia l’età dei vostri bambini, vale la stessa regola: avrete bisogno di alleati. Le maestre potrebbero notare cambiamenti che a casa non manifestano e potrebbero aiutarvi nel decifrare le emozioni dei vostri bimbi. I nonni, sono preoccupati per voi, perciò forse non sono il sostegno emotivo più adeguato per i bambini, ma potrebbero essere un validissimo sostegno per preparare cene e per aiutarvi nella gestione quotidiana. Amici e parenti potrebbero dare un po’ di socialità e condivisione e gioia che, forse, in questo momento manca un po’ in casa… 

Ospedale.

Può essere che sarà necessaria un’ospedalizzazione. Fate scegliere al bambino se venirvi a trovare, qualora si possa, poiché con le attuali norme anti-covid è impossibile. Oggi ci sono mille metodi per comunicare con video e telefonate… usateli, anche solo per un bacio volante: è importante che sappiano che ci siete!

Attenzioni particolari.

Potrebbero esserci delle cose a cui prestare particolare attenzione: regressioni del bambino, momenti di rabbia o pianto eccessivo, un decremento del rendimento scolastico… accogliete ogni suo comportamento, probabilmente non sa ancora esprimere le sue emozioni con le parole e le esprime con il corpo: magari parlando con voi saprà dare un nome a quello che sente.

Affidatevi ad un esperto.

Se la situazione si fa più complicata, se sentite di non riuscire a sostenere tutto questo, se il vostro bambino mostra comportamenti problematici a scuola. Anche se non fa alcuna domanda né a voi né all’altro genitore o ad altri parenti, potrebbe nascondere ansie e paure che non vuole confidarvi per evitarvi altre preoccupazioni. Non esitate a chiedere aiuto ad un professionista che potrà aiutare voi e vostro figlio a comprendere meglio quello che sta accadendo e ad esprimere le emozioni che prova in modo più sano. Con un estraneo può essere più semplice mostrare rabbia e paura, spesso nascoste per evitare di ferire i genitori già provati da tutto ciò.

Il mondo dei bambini è mutevole, non è giusto o ingiusto, è solo uno dei mondi possibili…
mostrate loro che per sconfiggere i draghi bisogna prima guardarli dritto negli occhi, e mai far finta che non esistano! Sarà l’insegnamento più importante che potrete dare loro.

HANNO BISOGNO CHE SIATE VOI L’EROE DELLA FIABA ADESSO…