Gli adolescenti e i bambini sono stati i grandi dimenticati, la didattica a distanza è diventata rituale, la permanenza a casa senza incontrare altri ragazzi consuetudine, l’uso eccessivo dei computer la norma…
La maggior parte delle problematiche psicosociali e psicosomatiche degli adolescenti sono emerse durante quest’anno, le difficoltà legate all’organizzazione domestica, con uno o più figli a casa in DAD, l’adolescenza spesso vissuta a metà, senza quella parte fondamentale di socialità e spensieratezza… Sono tutti elementi che hanno pesato su questa generazione come mai prima.
Quindi che fare?
Per prima cosa, come sempre, parlate con loro…
Chiedete loro cosa pensano di quest’anno passato, come si sentono, come hanno vissuto la scuola e le amicizie… e ascoltate se vi raccontano… Con occhi orecchie e cuore aperti… Se non vi raccontano non mollate subito la presa, va bene così… A volte è più importante che sentano di essere visti, compresi e che sentano che i genitori si interessino a loro, più del racconto in sé.
Lasciate una porta aperta, quando e se vorranno parlarvi lo potranno fare.
Lasciate che i vostri figli vedano in voi l’empatia, l’accoglienza e il supporto che un genitore deve avere, quest’anno più degli altri: voi siete stati gli adulti presenti, fate in modo che sentano la vostra presenza. Riconoscete loro che hanno superato un anno difficilissimo, che voi alla loro età non avete dovuto vivere, e che sono stati bravi, perché hanno continuato ad essere adolescenti in un periodo in cui gli si chiedeva di essere dei robot chiusi in casa, perché non hanno perso la loro umanità, e perché probabilmente, loro si, ne sono usciti migliori….
Se anche accadesse solo questo, non sarebbe un anno sprecato…
Qualche giorno fa un ragazzo, poco più che quattordicenne, mi ha detto di aver voglia di provare cose nuove…
Complice l’inizio della primavera, un bel po’ di ormoni in circolo e un ritrovato senso di benessere dopo un bel pezzo di terapia, aveva di nuovo voglia di fare quello che sapeva fare meglio prima di un po’ di avvenimenti funesti: l’adolescente!
Naturalmente questo mi ha fatto sentire grata e felice per il suo percorso, ma poi ho pensato, mentre provava ad immaginare a voce alta quello che avrebbe provato volentieri, che c’era ben poco di fattibile, causa restrizioni COVID…
Se qualcuno avesse detto alla me quattordicenne di uscire il meno possibile, di evitare baci e abbracci con le mie amiche di allora, di scambiarsi i vestiti, di assaggiare per la prima volta una birra dalla bottiglia del tipo figo del gruppo… se mi avessero detto che non c’erano bar, negozi, nemmeno una gelateria aperti… se mi avessero detto che avrei studiato da casa, insieme a mia sorella più piccola nell’altra stanza e senza incontrare gli altri davanti scuola o fermarsi all’uscita per un po’ (l’unica cosa meravigliosa del liceo)…
Ecco probabilmente sarei stata talmente arrabbiata da rompere svariati oggetti e porte in casa, avrei messo la musica così ad alto volume che si sarebbero lamentati i vicini tutti e i vicini dei vicini…
Ma con i se e con i ma non si dovrebbe mai ragionare…
Di fatto tutto ciò è successo, e sta continuando ad accadere… i ragazzi sono in casa, oppure escono con le mille limitazioni del momento….
Sono bravi, più di quanto immaginiamo noi adulti… Quando ci indigniamo per il gruppetto di ragazzi nel parco sotto casa senza mascherina (l’ho fatto anch’io, ammetto) dovremmo pensare, nei cinque secondi successivi, che alla stessa età abbiamo forse provato a fumare, o siamo saliti su qualche motorino di troppo, o abbiamo attraversato la strada con il walkman (si esisteva questo strano oggetto!) a tutto volume, o chissà in che altro modo ci siamo messi in pericolo…
Certo, compito dei genitori è ricordare sempre di tenere su la mascherina, di rispettare regole e divieti, e di limitare le uscite allo stretto necessario… e di riprenderli se ci accorgiamo che non lo fanno!
MA è altrettanto compito dei genitori, e di tutti gli adulti di una comunità, stupirsi e, perché no, indignarsi per quei ragazzi che sono contenti di stare chiusi in casa, che sono rassegnati alla DAD, che, anzi sono contenti e rassicurati dal non andare a scuola in presenza… PURTROPPO SONO MOLTI DI PIÙ…
Non sto negando l’esistenza del virus, né tanto meno dire che le regole sono ingiuste o esagerate, anzi… è un nemico orribile che si combatte con queste regole…
Ma nella sua ingiustizia ci dovrebbe indurre a riflettere, a ripensare a cosa c’è stato di sbagliato nella scuola, nel mondo adulto, nel modo con cui tutti noi guardiamo gli adolescenti…
Forse la scuola si è piano piano sbilanciata verso il lato prestazionale, lasciando perdere l’attenzione alle relazioni e al rispetto dei tempi di ciascuno studente. Questo ha generato ansia per i voti e i compiti e le interrogazioni, dimenticando la parte umana dell’educazione.
Forse in casa abbiamo dato poco spazio al contatto emotivo, anche se adesso ci lamentiamo solo dell’impossibilità del contatto fisico…
A quanto pare le condizioni per la scuola in presenza non ci sono ancora e l’unico modo di fare scuola è la DAD, perciò i ragazzi devono attenersi a questa modalità…
Ma chiediamo loro come la stanno vivendo, e, se dovessero dirvi che quasi va meglio così, abbiamo il dovere di porci delle domande, di stimolare la loro vitalità naturale, di non liberarli dalla trappola della rassegnazione…
Accettare non è rassegnarsi!
Quando accettiamo vuol dire che abbiamo esercitato un nostro potere di scelta, che abbiamo compreso che rinunciare a qualcosa adesso è necessario per una motivazione più alta e che riguarda la comunità intera.
Quando siamo rassegnati siamo passivi davanti una scelta che qualcuno ha fatto per noi e non riusciamo a vederne il senso generale.
La differenza può sembrare sottile, ma le due condizioni generano sentimenti ben diversi: il primo ci fa sperimentare potenti e autonomi e con un senso di appartenenza, il secondo ci fa soccombere sotto scelte altrui senza nemmeno comprenderle a fondo…
In adolescenza il bisogno di appartenenza è fondamentale, che si sentano parte di una comunità e, quindi, delle sue regole, è bellissimo.
Che all’interno di questa comunità sentano di poter formare un gruppo attivo di ragazzi che pretenda condizioni scolastiche più coerenti e vivibili (mi vien da dire, anche aldilà del covid…), che chieda meno profitto e più attenzione all’umanità, è meraviglioso…
La prossima volta che vedete dei ragazzi con la mascherina abbassata, in assembramento, stateci a debita distanza, sgridateli se ne siete i genitori, ma, sotto la mascherina accennate un sorriso per quella vita che scalpita ancora per potersi guardare a volto scoperto, tenersi per mano e dare il primo bacio…
Il lutto è devastante a qualsiasi età, ma in adolescenza crea un ulteriore fortissimo sconvolgimento in un periodo in cui le incertezze sono la quotidianità. Fa entrare l’adolescente in contatto diretto con qualcosa di completamente innaturale in adolescenza: si sentono immortali e onnipotenti e invece esiste la morte e non possono farci nulla.
In questa delicata fase la variabilità delle situazioni è ancora più grande: se è un nonno che viene a mancare può portare il ragazzo a pensare che solo le persone anziane possono morire, ma può essere anche che se ne sia andata l’unica figura adulta verso cui non provavano rabbia e voglia di ribellione; se se ne va un genitore subentra, oltre al dolore e alla paura profonda, ad un senso di solitudine intensissimo, anche la colpa, perché quel genitore verso cui provano rabbia e da cui vogliono separarsi a tutti i costi adesso non c’è più davvero, inoltre in questo caso c’è l’elaborazione del lutto dell’altro genitore che può facilitare o rendere ancora più difficile l’elaborazione del lutto del ragazzo; se viene a mancare un fratello o un amico, sarà la paura a prendere il sopravvento, il terrore che possa accadere anche a lui, oltre alla tristezza e alla rabbia…
Insomma ogni situazione è diversa, le variabili sono tante: l’età del ragazzo, la cerchia di amici e parenti di cui dispone come sostegno, il carattere che via via sta prendendo forma…
Oggi cercherò di darvi degli spunti di riflessione e dei punti di vista per permettervi di osservare il vostro ragazzo e di porvi in ascolto.
Ascolto attivo:
inizio proprio dall’ascolto. I ragazzi parlano in molti modi, di questi solo una piccola parte hanno parole… più spesso parlano con porte sbattute, lacrime, musica a tutto volume, brutti voti a scuola…
Cos’è un ascolto attivo? È un ascolto fatto con gli occhi, con il corpo intero e non solo con le orecchie. Significa avvicinarsi pian piano, come si fa con quei gattini randagi che pian piano addomestichiamo, significa una frase per far capire che è permesso essere arrabbiati, significa sedersi vicino a loro mentre guardano la tv, in silenzio, significa attenzione al suo atteggiamento verso la scuola… significa essere attenti, vicini, accoglienti.
Verità e chiarezza:
spiegate quello che è accaduto, spiegate come vi sentite, cosa state provando. Fate loro capire che no sono soli nel loro dolore. Parlate chiaramente di eventuali cambiamenti che ci saranno nella sua routine. È possibile che siano confusi, su quello che è accaduto, su quello che sentono… Siate aperti e sinceri, mostrate che è possibile parlarne, è lecito avere domande, è permesso occuparsi del resto della vita e dei propri sentimenti.
Evitate:
Frasi come “sei grande”, “sei forte”, “adesso che non c’è più papà, devi restare accanto alla mamma”… sono da bandire da vocabolario… Non sono grandi, né tanto meno forti, e non devono esserlo… Perciò lasciate che vivano il dolore per l’età che hanno, lasciate che chiedano aiuto a modo loro…
Non distraeteli, non evitate loro il dolore… devono ascoltare le loro emozioni e imparare ad esprimerle. Nascondere l’argomento davanti a loro li fa sentire soli, non rassicurati.
Aiutateli a non sentirsi in colpa se vorranno partecipare ad una festa o se vorranno uscire con i loro amici, o tornare a scuola presto… stanno solo cercando di ritrovare un equilibrio che sembra davvero perso.
Il ricordo:
Cercate insieme a loro di ricordare chi non c’è più, chiedete qual è il modo migliore, secondo loro, per onorare il defunto e accompagnatelo in questo personalissimo rito di passaggio… una canzone, un luogo, una pianta… sono modi per salutare chi non è più tra noi. Aspettate i loro tempi, se vorranno parlare bene, se vorranno stare in silenzio restate con loro.
I riti più istituzionali potrebbero suscitare un sentimento di ribellione, e la religione potrebbe rappresentare l’oggetto verso cui provare rabbia. Accogliete anche questo, ma con una eccezione: se non è fonte di conflitti accesi, chiedete loro di partecipare al funerale, è il modo con cui la comunità saluta chi se ne va, ed è importante che anche loro partecipino, in quanto parte di quella comunità. Spiegate loro questo, con tono calmo e amorevole, senza pretendere che accettino le regole più formali del rito o quello che per voi è la motivazione religiosa… capiranno.
Rabbia e solitudine:
Vi sembrerà strano, ma non sarà la tristezza l’emozione prevalente che mostreranno i vostri figli. Esprimeranno molto più apertamente rabbia accesa, verso chi non c’è più e li ha abbandonati, verso chi resta, per la loro vita cambiata a causa dell’evento, verso se stessi e verso il loro sentire… Sentiranno solitudine, perché probabilmente sono gli unici ad aver subito un lutto nella loro cerchia di amici, perché non riescono ad esprimere la loro tristezza e quindi la loro vicinanza, oppure perché davvero sono rimasti “soli”, cioè senza la persona che non c’è più.
Quando preoccuparsi:
difficoltà del sonno, o nell’alimentazione, irrequietezza, basso rendimento scolastico, indifferenza per le attività di gruppo, cambiamento dei rapporti con la famiglia o con gli amici, comportamenti a rischio, come abuso di droghe o sostanze alcoliche, assenza di reazioni o reazioni esageratamente violente e aggressive, autolesionismo. Se notate questi o altri cambiamenti in vostro figlio è il caso di chiedergli se vogliono ricevere un aiuto esterno alla famiglia, se sentono di aver bisogno di sostegno ulteriore.
L’autrice ed illustratrice tedesca Britta Teckentrup racconta con grande sensibilità la scomparsa di qualcuno che ci è caro.
C’è tristezza in questo libro, perché bisogna educare i bambini ad accogliere la tristezza senza esserne spaventati. La tristezza però si trasforma presto in un richiamo per la comunità di vicinanza e condivisione, e, attraverso questo sostegno reciproco tornano i sorrisi pensando a chi non c’è più.
La chiave di lettura è tutta nella prima frase. C’è un tempo per tutti, l’importante è farsi sorprendere felici, l’importante è il saluto, quell’”ultimo sguardo al suo amato bosco”.
È questo che dobbiamo spiegare ai bambini, non dobbiamo aver paura della morte, l’importante è farci trovare vivi quando arriva. L’importante è sentire lo sguardo di saluto della persona che se ne è andata dentro di noi.
Il libro mostra anche come trasformare l’assenza in presenza attraverso il ricordo. Raccontando come l’albero dei ricordi possa far sentire ancora la volpe presente e viva nella memoria di tutto il bosco. Ma prima ancora che con le parole lo fa con le immagini e i colori: quell’arancione vivo del manto della volpe che muore diventa l’arancione delle foglie del maestoso albero che diventa sempre più ricco man mano che i ricordi vengono raccontati da chi alla volpe voleva bene davvero.
Il ricordo, così come l’albero del bosco, è dove tornare per sentire ancora la presenza di chi non c’è più, sentirne il calore e la vicinanza.
Non so se vi è mai capitato di assistere ad una conversazione simile, a me ha fatto sorridere, ma anche molto riflettere.
La parola morte e il verbo morire sono persino difficili da coniugare per un bambino di questa età; le informazioni che riceve sono diversissime, e arrivano da diverse fonti (genitori, scuola, amici, tv…) ma sono sempre poco chiare, poco definite… e alla fine i piccoli deducono le loro personali idee inserendole in uno “spremiinformazioni” personalissimo.
Parliamoci chiaro, non è un bell’argomento da affrontare con i piccoli: è doloroso, imbarazzante, difficile… spesso si ritiene inutile far entrare l’argomento morte nei discorsi dei bambini. Si pensa “forse non se ne ricorderanno nemmeno”… ma non è così!
I bambini sono attentissimi agli stati d’animo dei più grandi, soprattutto se i grandi sono mamma e papà, perciò se vi vedranno tristi si chiederanno il motivo, e se nessuno spiegherà loro nulla si daranno le loro fantasiose spiegazioni…
Non coinvolgere i bambini, pensando di proteggerli, può, al contrario, far sentire il bambino escluso e solo nel suo dolore, senza poterlo condividere con qualcuno.
Perciò, come sempre, la migliore soluzione è parlare con loro ed ascoltare…
Detto ciò… come parlare con loro??
Le esperienze che possono portare il bambino a farsi domande sulla morte sono varie: sarà molto diverso se è venuto a mancare il cagnolino di casa, un lontano parente, un nonno, o addirittura un genitore o un fratello o sorella.
Sarà un percorso diversissimo se c’è stata una lunga malattia o se è stato un evento improvviso…
C’è una grande differenza anche a seconda dell’età del bambino…
Insomma le variabili sono moltissime e non riuscirò ad analizzarle tutte in questo articolo, ma non voglio darvi facili istruzioni da eseguire alla lettera… piuttosto vorrei darvi degli elementi per farvi riflettere e perché troviate il vostro personale modo per stare accanto ai vostri bambini.
Prima di iniziare a pensare a cosa dire ai bambini, vi chiedo: come state? Come vi ponete di fronte all’argomento morte? Ne siete spaventati? Siete addolorati? È un argomento che vi imbarazza? Chiarite questi ed altri interrogativi con voi stessi prima di parlare con i piccoli, perché saranno le vostre emozioni che veicoleranno il messaggio ai più piccoli, perciò occorre che ne siate consapevoli.
L’età dei bambini conta molto e le differenze sono sostanziali:
Se fino ai 3 anni non sarà pienamente consapevole della differenza tra vivo e morto, sarà però molto turbato dal vostro stato emotivo, perciò avrà bisogno di meno spiegazioni, ma di vicinanza fisica e rassicurazione emotiva; dai 3 ai 5 anni potrebbero pensare che dalla morte si torni indietro, magari con un bacio come Biancaneve, perciò avranno bisogno di un segno tangibile di passaggio, di sapere dov’è adesso la persona che non vedono più tutti i giorni; i bimbi della scuola primaria hanno già un’idea molto vicina alla realtà della morte, a quest’età hanno bisogno di informazioni precise e di presenza, ma hanno anche bisogno di esprimere i loro interrogativi e le loro emozioni, potrebbero infatti voler sembrare più grandi della loro età, e nascondere le emozioni…
L’importanza del saluto:
Se c’è stato il tempo, anche molto doloroso, di una lunga malattia è probabile che ci sia stato un saluto importante e significativo, che sarà importante ricordare ai bambini quando si comunicherà la notizia.
Se questa possibilità non c’è stata, possiamo comunque permettere ai bambini di salutare chi non c’è più con diverse modalità: per i bambini più piccoli potreste scrivere una lettera da parte del defunto e leggergliela, può essere importante un amuleto, un giocattolo o un simbolo che porti un saluto; i bimbi più grandi potrebbero, al contrario, scrivere una lettera o fare un disegno di saluto per chi non c’è più.
Congedarsi è importante per adulti e bambini, è il primo passo per elaborare l’assenza.
Occorre che i piccoli sostituiscano l’immagine reale e fisica con un’immagine interna, un ricordo appunto.
Rispettare i tempi:
Ognuno ha bisogno dei suoi personalissimi tempi per comprendere, accettare ed elaborare il lutto, e anche i bambini hanno i loro tempi… Rispettateli!
Potrebbe essere utile e bello per tutti costruire o piantare un personalissimo “albero dei ricordi”, o costruire una scatola dei ricordi… qualsiasi cosa che possa permettere al bambino di tenere in vita la persona che non c’è più nel ricordo e nel cuore…
Bisogno di appartenenza:
quando un nonno o una nonna se ne vanno, o, peggio, quando è un genitore che viene a mancare, è importante che un senso di comunità pervada tutta la famiglia; è importante che tutti siano sostenuti e si sostengano a vicenda. Il bambino potrebbe aver perso le coordinate, è importante che senta di avere una comunità che è in grado di prendersi cura di lui, anche quando il genitore rimasto vedovo o orfano è troppo triste per farlo.
Bisogno di sicurezza:
I bambini potrebbero pensare che quello che è successo al nonno o al genitore che ha perso possa capitare anche a lui, o ad altri componenti della famiglia. È necessario che siano rassicurati su questo, e prima ancora, è necessario che venga esplicitata questa loro paura, che magari conservano segretamente. Perciò chiedete cosa pensano di quello che è accaduto, se pensano che possa accadere anche ai bambini, poi rassicurateli.
Comprendere cosa sta accadendo dentro di loro:
Dentro di loro c’è un turbinio di emozioni e pensieri… hanno bisogno che qualcuno legga queste emozioni al posto loro. Hanno bisogno di avere il permesso di essere arrabbiati con chi se n’è andato, di essere tristi, preoccupati… ma anche il permesso di stare con i loro amici se ne hanno voglia, senza sentirsi in colpa. Per fare questo l’unico modo è parlare con loro e condividere quello che anche voi state provando, se anche voi siete tristi o arrabbiati, ad esempio… sarà più facile per loro comprendere quello che sta accadendo dentro di loro.
I bambini parlano in tanti modi, con il corpo, il disegno, il gioco… prestate loro attenzione, osservate e chiedete a loro cosa vogliono esprimere.
Racconti e riti di passaggio:
Anticamente, dopo la dipartita di qualcuno, i vivi si riunivano per raccontare aneddoti ed episodi belli, brutti, divertenti o tristi del defunto. Fate partecipare anche i piccoli, è bello per tutti raccontare ed ascoltare storie, è un modo per salutare chi se ne va e per tenerlo nel cuore.
La partecipazione ai riti di passaggio è abbastanza controversa… una regola generale può essere permettere ai bambini di partecipare, affidandoli magari ad una persona meno coinvolta nel ltto, che sappia sostenerli e portarli fuori dalla chiesa, ad esempio, al momento opportuno, e che sappia spiegare cosa sta accadendo, qualora i genitori siano troppo presi dalla cerimonia.
Chiedete aiuto!!
Se siete soli, o non vi sentite in grado di sostenere i vostri bambini, è fondamentale che siate sostenuti voi in prima persona per sostenere il bambino! L’elaborazione del lutto in età infantile passa attraverso l’elaborazione del lutto dei genitori, perciò è indispensabile che vi prendiate cura di voi stessi e del vostro dolore per potervi prendere cura dei vostri bimbi.
Osservate:
Se il bambino ha reazioni mai avute prima, di rabbia o regressivi, anche dopo alcuni mesi dall’evento; se ha problemi nel sonno o nell’alimentazione; o se, al contrario, è distratto, assente, senza esprimere nulla circa la perdita… Rivolgetevi ad uno specialista, prima accogliete le difficoltà del bambino prima elaborerà il suo lutto.
Come questi tratti connotativi dell’adolescenza interagiscono con un evento così sconvolgente come la malattia di un genitore?
Come possiamo fare in modo che quello che sta accadendo nella vostra famiglia non modifichi in modo irreparabile il fisiologico percorso di questa delicata fase di vita?
Come sempre cercate prima di tutto di comprendere cosa vi sta accadendo, di metabolizzare la notizia e di capire quale sarà il possibile decorso della malattia: per parlare e rassicurare vostro figlio bisogna aver superato il primo shock della notizia.
Ora che sapete cosa vi capiterà e quali sono le possibili prognosi o l’eventuale decorso potete affrontare il vostro ragazzo.
Prima regola: chiarezza.
Le mezze frasi, le parole non dette, le “generiche” visite dal medico fanno intendere che c’è qualcosa che non va, ma non esplicitano cosa non va! E, come spesso accade, il mondo immaginato è più spaventoso del reale.
Perciò prendete vostro figlio da parte e con calma e fermezza spiegategli cosa vi sta accadendo, spiegate come avete deciso di muovervi in accordo con i medici che vi stanno seguendo, cosa accadrà nel breve periodo, come e se proseguirete il lavoro, e, soprattutto, cosa cambierà nella vita familiare.
Sono in grado di comprendere tutto ciò che spiegherete loro…sapervi in buone mani e con un’idea chiara del percorso che affronterete li rassicurerà.
Seconda regola: sincerità e condivisione.
Siate sinceri, dite loro che anche per voi è stata una notizia difficile, che avete avuto paura, ma che avete deciso di affidarvi a medici e strutture che sapranno aiutarvi al meglio.
Condividete con loro le emozioni contrastanti che sentite, probabilmente le stanno sentendo anche loro mentre gli parlate… Impareranno che si può parlare di emozioni, che è lecito aver paura o essere arrabbiati.
Gli adolescenti sono meno propensi dei più piccoli a raccontare di aver paura che potreste non superare la malattia, perciò parlatene voi, chiedete…
Terza regola: lasciate che vivano la loro adolescenza.
Adolescenza vuol dire liti con i genitori, spesso anche molto forti, vuol dire cercare in tutti i modi di volar via dal nido, vuol dire intaccare in ogni modo possibile il ruolo genitoriale…
Può capitare che un genitore con una malattia renda tutto un po’ ovattato: potrebbero avere sensi di colpa dopo una lite accesa, oppure uscire di casa il meno possibile per paura di perdere momenti preziosi, oppure diventare iperesponsabili, occupandosi della casa o dei fratelli minori più di quanto si dovrebbe fare alla loro età…
Non lasciate che questo accada… dite loro in modo chiaro e fermo che va bene discutere per un’ora in più sul coprifuoco, che va bene passare una notte a casa della migliore amica, che non devono sostituirsi a voi in casa, ma solo fare la loro parte…
Il messaggio che deve passare è che la malattia ha intaccato le vostre energie fisiche, ma non la vostra potenza genitoriale!
Quarta regola: restate genitori.
Ogni tanto durante la giornata guardatevi allo specchio: questa è l’immagine che i vostri figli hanno davanti quando vi guardano.
Perciò curate sempre il vostro aspetto, anche durante i periodi più bui: comunicherete ai vostri ragazzi che sono molto importanti per voi e che volete apparire al meglio per loro.
Non siate “più buoni” perché “stanno già affrontando un periodo complicato…”: rischiate solo di metterli nel ruolo di vittime; hanno bisogno di scontrarsi con voi, di costruire la propria autonomia, di essere contenuti, e questo passa anche per le regole e i richiami che voi darete loro.
Riposate quando ne sentite il bisogno, non sforzatevi di restare superattivi per stare vicino a loro: gli darete un grande insegnamento, è importante prendersi cura di se stessi, è importante ascoltare il proprio corpo e rispettarne i bisogni…
Quinta regola: osservate e ascoltate.
Cercate quello che è nascosto sotto la superficie! Potrebbero provare rabbia, per quello che sta capitando a voi, o perché sentono di essere diversi dai loro coetanei, oppure perché sono combattuti tra lo starvi accanto il più possibile e l’esplorare il mondo in autonomia; potrebbero provare tristezza perché non vedono più il genitore che eravate prima della malattia, oppure potrebbero provare paura perché non sanno cosa vi accadrà…
Ma… potrebbero nascondere tutte queste emozioni…
Perciò potrebbero apparire freddi, distaccati, senza emozioni: non fatevi ingannare, le hanno solo nascoste… perciò il vostro compito è farle emergere per poterne parlare insieme.
Sesta regola: date importanza al corpo.
Per quanto riguarda il corpo potrei dire che state affrontando una fase simile: una trasformazione… L’adolescente si trova in un corpo in trasformazione che non sempre riconosce come proprio e che spesso non gli piace. Il genitore ammalato si trova in un corpo che ha subito un danno e che sta cercando di trasformare grazie alle cure e che non sempre gli piace…
Parlate del corpo, di come è strano sentirsi in un corpo che non risponde sempre a quello che gli chiediamo. Rassicurateli sulla malattia, non verrà il cancro anche a loro! Ma devono imparare a prendersene cura…
settima regola: siete una famiglia!
Non siete soli in questo percorso: il partner può essere fondamentale per fare da ponte tra l’affrontare la malattia e il mondo com’era prima della malattia; i nonni, gli zii, gli amici… tutti possono esservi d’aiuto, per sostenere voi, per parlare con i ragazzi (con un altro adulto può essere più semplice dire che si è arrabbiati perché non siete andati ad assistere alla loro ultima partita di calcio a causa della malattia).
Anche i familiari o gli amici meno empatici potrebbero essere felici di aiutarvi nell’alleggerirvi di qualche incombensa e quindi di non dare ulteriori impegni all’adolescente.
Ottava regola (la più importante!): Fatevi sostenere!
In quasi tutte le strutture che si occupano di malati oncologici esiste una figura per il sostegno psicologico per il malato e per i familiari, chiedete un incontro!
Le professoresse dovrebbero essere informate, per comprendere meglio eventuali cambiamenti dei ragazzi e comunicarveli tempestivamente.
Uno psicoterapeuta potrebbe aiutare i ragazzi ad esprimere le loro emozioni, a distinguerle e ad affrontarle, senza sensi di colpa o comportamenti disfunzionali.
Per ultimo: Grazie e scusa.
Imparate a chiedere grazie e scusa e lo insegnerete ai vostri figli.
La malattia insegna che non siamo eterni e che la nostra vita può subire degli scossoni non indifferenti, facciamoci trovare in pari con i grazie e con le scuse, permettiamo ai ragazzi a fare altrettanto.
A volte, attraversiamo dei momenti difficili da metabolizzare.
A volte siamo molto preoccupati per noi e non riusciamo a rassicurare i più piccoli.
A volte siamo noi nell’occhio del ciclone e non riusciamo a stare accanto a chi è intorno a noi.
A volte un racconto ha le parole giuste.
A volte la parola scritta ci permette di mettere uno spazio tra le emozioni forti di paura, tristezza e rabbia e quello che vogliamo realmente esprimere…
A volte le immagini di alcuni libri arrivano più dirette di mille parole…
Oggi vi parlo di tre libri (ma ce ne sono molti di più sul tema), spiegano in modo diverso e per diverse età la malattia ai bambini.
In tutti e tre emerge la cascata di emozioni che derivano da un evento come questo:
la paura iniziale, la tristezza delle cure difficili e spossanti, la rabbia dei bambini che si sentono privati di un genitore.
In tutti ci sono spunti su come raccontare, su come rispondere alle domande, su come trasformare la routine familiare per trovare un equilibrio anche quando tutto sembra vacillare…
La pazienza dei sassi
Di Ierma Sega
Illustrato da Michela Molinari
Edito da Il prato edizioni
Questo è un libro gentile, paziente, elegante, ma d’impatto. Solo con la pazienza il mondo di Luca, che si è capovolto all’improvviso, potrà trovare nuova stabilità e un nuovo equilibrio e nuova speranza…
Anche il papà più forte del mondo può essere stanco per colpa di una malattia brutta e antipatica… In questo libro ci sono parecchie risposte alle domande dei bambini, ed emerge tutta l’importanza dell’altro genitore che può riuscire ad alleggerire una situazione pesantissima e può trasformare un’esperienza potenzialmente insuperabile in un momento di grande vicinanza e rassicurare i piccoli di casa con un po’ di gioco, fiaba e magia.
Mamma uovo. La malattia spiegata a mio figlio (c’è anche la versione papà uovo, a seconda che l’ammalato sia il papà o la mamma)
Di Gabriella De Benedetta, Silvia D’Ovidio, Antonello Pinto
Illustrato da S. Staino
Edito da Marotta e Cafiero
La malattia, ma anche le cure, la chemio, gli effetti collaterali… il linguaggio è semplice e i disegni efficaci: la verità medica a portata di bambino.
Sono tre libri, ma ce ne sono molti di più…
Ma questa volta vi propongo un nuovo libro, scritto da voi!
Se ne avete voglia e se avete abbastanza energie, la fiaba migliore per spiegare quello che vi sta accadendo la potete scrivere solo voi… Inventate un linguaggio speciale, magico o buffo, per parlare del tumore; raccontate del drago da sconfiggere, descrivetelo, disegnatelo; trasformatevi in eroi, anche se con una macchia e un po’ di paura; parlate, con tutto l’amore e la semplicità che potete, delle vostre emozioni al vostro bambino…. Lo apprezzerà!
E, ne sono sicura, sarà terapeutico anche per voi!
È molto difficile per me scrivere questo articolo. Ma anche questo è un altro possibile evento nella vita di un bambino, che resta ben impresso nella memoria.
E’ triste e ingiusto, e, in un mondo perfetto, i bambini non dovrebbero mai averci a che fare: la malattia di un genitore… Ma non c’è un mondo perfetto, e nemmeno imperfetto…
c’è solo un mondo, ed è da qui che voglio partire…
I bambini vivono in un mondo, il loro mondo. In questo mondo tutti gli adulti sono forti e in salute (come potrebbe essere diversamente?? Sono grandi, perciò non si ammalano, non hanno la febbre o l’influenza come i bambini…). D’altronde, se si ammalassero, chi si occuperebbe dei bambini? Chi li accompagnerebbe a scuola? Chi leggerebbe la favola della buonanotte? Chi misurerebbe loro la febbre e cucinerebbe un brodo caldo per farli guarire?… Nooo, non è proprio possibile che si ammalino i grandi!!
Ma un brutto giorno, il papà e la mamma sono un po’ più tristi del solito, la mamma li sgrida un po’ di più, il papà si dimentica di dare il bacino della buonanotte, la nonna fa più carezze del solito, e anche qualche regalo in più: il mondo dei bambini inizia ad avere qualche nuvola nera, i bambini captano subito l’atmosfera diversa, più tesa, e iniziano un po’ a preoccuparsi… nessuno parla con loro, nessuno spiega cosa sta accadendo, ma sono tutti molto presi da un argomento segreto, che non sembra essere molto bello… bisbigliano, a volte non si arrabbiano per marachelle piuttosto importanti, a volte si arrabbiano tanto se i bimbi non vogliono assaggiare i broccoli…
Poi il papà cambia un po’, oppure la mamma è sempre più magra, a volte perdono i capelli… i bambini, allora, capiscono che c’è qualcosa di più preoccupante, ma ancora nessuno parla e spiega! Perciò, quelle nuvole sul loro mondo si fanno più cupe, e può capitare che i bambini facciano dei sogni molto brutti, in cui immaginano le cose più orribili, e sentono sempre più paura, solitudine e tristezza…
Poi il papà è sempre più stanco, e non può più giocare a calcio al parco, o la mamma spesso non è in casa, a volte hanno bisogno di passare un po’ di tempo in ospedale, ma, a volte, ai bambini viene detto che vanno per un po’ via per lavoro o chissà dove… A questo punto nel mondo dei bimbi entra anche un po’ di rabbia… Uffa!! Perché mamma non sta mai con me??? Perché papà non torna a casa???
Nella maggior parte dei casi, per fortuna, la mamma o il papà, tornano a casa e quei mesi passati non sono che un ricordo, ma lasciano nel bambino quel miscuglio di parole non dette e sguardi silenziosi che generano ansia e insicurezza, e dei ricordi di nuvole nere che non si riescono a dissipare…
Cosa fare per rendere il mondo dei bambini senza nuvole?
Non si può. Ma si fare in mondo che i bambini guardino le nuvole, sentano la paura e si sentano comunque rassicurati e non soli nel loro mondo. Si può permettere ai bambini di esprimere le loro emozioni, anche in un mondo imperfetto. Si può fare in mondo che i bambini si sentano in grado di affrontare anche il più nero dei cieli, senza esserne sopraffatti…
Come fare?
Metabolizzate la notizia.
Prima di pensare a come dirlo ai bambini, prendete qualche ora, o qualche giorno, per masticare le parole tumore, malattia, paura, esami, curedifficili, ospedali, medici e qualsiasi altra parola vi venga in mente. Che effetto vi fanno? Ne siete spaventati? È giusto… Ne siete sopraffatti? Respirate… Parlatene con il partner, con i familiari più stretti, lasciatevi rassicurare… Parlate con i medici che si occuperanno di voi, affidatevi, capite cosa vi aspetta e come procederete… non avrete tempo e probabilmente non avrete energie per occuparvi in prima persona anche delle cure mediche, non è il vostro ruolo… Se sentite che questo è troppo per voi, cercate qualcuno che vi aiuti, è un vostro diritto in quanto malati e un vostro dovere in quanto genitore.
Dite la verità.
I bambini hanno bisogno di verità. Qualsiasi età abbiano, hanno capito che c’è qualcosa che non va. Se non sarete sinceri con loro, probabilmente le loro fantasie saranno più tragiche di quello che è in realtà, e in più si sentiranno soli, senza nessuno con cui parlare o a cui confidare le proprie paure. Dubiteranno di loro stessi e delle loro sensazioni e intuizioni. Perciò parlate con loro… Certo in modo diverso per ogni età:
0-2 anni. Nel periodo preverbale, e fino ai 2 anni circa di età, probabilmente i bambini non comprendono tutto quello che direte loro, ma è importante che sentano il vostro tono calmo e rassicurante, è importante che comunichiate con loro guardandoli negli occhi, che li abbracciate, che facciate sentire loro la fisicità e la presenza, che si sentano contenuti e sostenuti. In questa fase i cambiamenti fisici potrebbero spaventarli, fate in modo che siano graduali e che vi vedano cambiare giorno per giorno. Cambiate il modo di giocare con loro se sentite di non avere le forze per giocare come prima, lo sforzo non ha mai fatto bene a nessuno. Fatevi aiutare da parenti e amici nella gestione dei piccoli, sarà tutto un po’ più leggero se condiviso.
2-5 anni. In questa fase c’è un pensiero magico che può far pensare ai bambini di aver fatto qualcosa di sbagliato che ha fatto ammalare i genitori, ma sarà lo stesso pensiero magico che attenuerà un po’ la loro paura. In questa età potete spiegare con termini semplici quello che sta accadendo: “c’è una pallina cattivella che è entrata nella mamma e bisogna fare di tutto per farla andar via”; “le medicine che prenderà il papà sono fortissime, perché devono sconfiggere la pallina, e perciò fanno venire un po’ di sonno”; “La mamma andrà sotto un raggio laser che sconfiggerà la pallina cattiva”; “tra un po’ perderò i capelli, perché devo mettermi una parrucca da fata: ci vogliono dei poteri magici per sconfiggere la pallina”… Insomma la favola che racconterete sarà quella che vi verrà più spontanea… L’importante è che ci sia un cattivo (il tumore), un aiutante (i medici), delle armi magiche (radio e chemioterapia), e un eroe che guarirà: voi!!
6-10 anni. A questa età sono in grado di comprendere bene tutte le fasi, certo sono spaventati anche loro, ma probabilmente sanno già cosa vuol dire tumore, avranno delle esperienze positive o negative che hanno interessato amici o parenti. Perciò teneteli al corrente di tutte le fasi della malattia e delle varie cure. E fateli parlare… come si sentono? C’è qualche domanda che vogliono farvi? Spiegate come cambierà la loro routine, chi li accompagnerà dove. Probabilmente non potranno venire a trovarvi molti amici, bisognerà essere più cauti, (soprattutto in questo periodo di covid) per poi tornare più forti di prima… Spiegate tutto ciò che potete, a questa età sono logici, perciò colmeranno i vuoti di informazione con le loro ipotesi, e potrebbero essere più spaventose della realtà.
Dite la verità su quello che conoscete circa le possibilità di guarigione… qualsiasi sia la prognosi è importante che comprenda che vi impegnerete con tutti voi stessi per sconfiggere il tumore, e che non mollerete per niente al mondo, perché è troppo bello essere la loro mamma o il loro papà… e lo sarete per sempre qualsiasi cosa accada.
Il giusto momento e il giusto spazio.
Non parlate con loro la sera prima di andare a dormire, potreste lasciarli con delle angosce difficili da gestire di notte. Non parlate loro prima della scuola, per gli stessi motivi. Parlatene a pomeriggio, predisponete un giusto tempo da dedicare loro dopo, per un gelato o una passeggiata al parco. State accanto a loro e in ascolto.
Ascoltate le loro domande.
Anche quelle nascoste… Se è venuta a te questa pallina può venire anche dentro di me? Morirai? Mi lascerai solo? Vivrò per sempre dalla nonna? Non riuscirai mai più a fare una corsa con me? Rispondete come vi sentite di rispondere: ricordate sempre che siete voi i massimi esperti dei vostri figli, e la vostra risposta sincera sarà la migliore possibile.
Fatevi degli alleati.
Qualsiasi sia l’età dei vostri bambini, vale la stessa regola: avrete bisogno di alleati. Le maestre potrebbero notare cambiamenti che a casa non manifestano e potrebbero aiutarvi nel decifrare le emozioni dei vostri bimbi. I nonni, sono preoccupati per voi, perciò forse non sono il sostegno emotivo più adeguato per i bambini, ma potrebbero essere un validissimo sostegno per preparare cene e per aiutarvi nella gestione quotidiana. Amici e parenti potrebbero dare un po’ di socialità e condivisione e gioia che, forse, in questo momento manca un po’ in casa…
Ospedale.
Può essere che sarà necessaria un’ospedalizzazione. Fate scegliere al bambino se venirvi a trovare, qualora si possa, poiché con le attuali norme anti-covid è impossibile. Oggi ci sono mille metodi per comunicare con video e telefonate… usateli, anche solo per un bacio volante: è importante che sappiano che ci siete!
Attenzioni particolari.
Potrebbero esserci delle cose a cui prestare particolare attenzione: regressioni del bambino, momenti di rabbia o pianto eccessivo, un decremento del rendimento scolastico… accogliete ogni suo comportamento, probabilmente non sa ancora esprimere le sue emozioni con le parole e le esprime con il corpo: magari parlando con voi saprà dare un nome a quello che sente.
Affidatevi ad un esperto.
Se la situazione si fa più complicata, se sentite di non riuscire a sostenere tutto questo, se il vostro bambino mostra comportamenti problematici a scuola. Anche se non fa alcuna domanda né a voi né all’altro genitore o ad altri parenti, potrebbe nascondere ansie e paure che non vuole confidarvi per evitarvi altre preoccupazioni. Non esitate a chiedere aiuto ad un professionista che potrà aiutare voi e vostro figlio a comprendere meglio quello che sta accadendo e ad esprimere le emozioni che prova in modo più sano. Con un estraneo può essere più semplice mostrare rabbia e paura, spesso nascoste per evitare di ferire i genitori già provati da tutto ciò.
Il mondo dei bambini è mutevole, non è giusto o ingiusto, è solo uno dei mondi possibili…
mostrate loro che per sconfiggere i draghi bisogna prima guardarli dritto negli occhi, e mai far finta che non esistano! Sarà l’insegnamento più importante che potrete dare loro.
HANNO BISOGNO CHE SIATE VOI L’EROE DELLA FIABA ADESSO…
Un altro evento che resta piuttosto inciso tra i I ricordi dei bambini è il trasloco.
È una grande novità per tutta la famiglia e forse per tutti contiene un miscuglio di entusiasmo e paura, ma rappresenta prima di tutto un distacco forte, un lutto da elaborare, un riadattamento e una perdita di equilibrio momentanea.
Cosa fare per rendere tutto meno traumatico per i piccoli di casa?
Non mi soffermerò sulla scelta della nuova casa: se è più piccola o in un luogo meno bello della città, o addirittura in un’altra città, vuol dire che era necessario; se è più grande o in una zona migliore, buon per voi… ai bambini non importa molto tutto ciò!
Per i bambini una nuova camera vuol dire sempre lasciare la propria cameretta, sia per una più grande e più bella, sia per una più piccola.
Mi soffermerò su piccoli importanti passaggi da seguire durante questo importante cambiamento…
Prendete il giusto tempo…
Se è un trasloco necessario, per lavoro o per questioni economiche, potrete parlarne con i bimbi più grandi, sopra i sei anni, anticipando loro che state cercando una nuova casa e che se ne troverete una che pensate possa fare al caso vostro vorrete avere un suo parere.
Se invece la ricerca è a lungo termine, è inutile dare ai bambini questo ulteriore pensiero un anno prima!
Avete visto una casa che vi piace, avete quasi scelto di acquistarla… se ne avete la possibilità, portate i bambini sopra i 3-4 anni a vederla, chiedetegli se gli piace… Contagiateli con il vostro entusiasmo, mostrate loro cosa ha di bello e quale potrebbe essere la sua cameretta… se noterete una faccina triste potrebbe essere che stia pensando alla casa che lascerà: provate a chiederglielo e accogliete la tristezza o la paura del momento… va bene così, non è facile per nessuno!
Cercate di non far coincidere due eventi importanti
Se sta per nascere il fratellino non traslocate il mese dopo il parto; se sta passando dalla scuola d’infanzia ala primaria non traslocate a settembre… insomma uno stress alla volta: vale per i piccoli, ma vale anche per voi, fidatevi! Ovviamente se potete!
Ora la casa è vostra, probabilmente ci sarà da fare qualche lavoro di ristrutturazione…
Sempre tenendo conto dell’età dei bambini, chiedete loro se vogliono cambiare colore delle pareti della loro stanza, e portateli ogni tanto a vedere la nuova casa che si prepara ad accogliervi…
Cercate di conservare la disposizione dei mobili che aveva nella vecchia stanza (lo aiuterà se dovesse svegliarsi di notte non sbattere contro il nuovo comodino…), se dovete cambiare letto o armadio, sceglieteli con loro… dai 5-6 anni in poi hanno tutte le facoltà per scegliere! Se hanno meno anni portate un po’ di magia nella nuova casa: un letto rosa con tende e coperte fatate sarà un sogno per la bambina che si sente una principessa, così come un castello farà felice il bambino che gioca ad essere un cavaliere… sapete bene cosa amano, cercate di esprimerlo più che potete nella nuova casa, di sicuro aiuterà!
Basta davvero poco per trasformare una stanza nuova bianca immacolata in un posto da favola: stickers, tende e lenzuola non costano molto e fanno la differenza.
Portate prima i suoi giochi!
Prima dei vestiti, o forse ancor prima dei mobili portate qualche gioco, vi aiuteranno mentre sarete indaffarati a sistemare la nuova casa e aiuteranno il bambino a prendere confidenza con il nuovo ambiente.
Potranno essere giochi nuovi, oppure giochi vecchi che non servono per addormentarsi o che non genereranno un capriccio al ritorno nella vecchia casa… se possibile, se non scatena un pianto disperato, sarebbe opportuno lasciare i giochi nella nuova casa man mano che li si porta…
Fatevi aiutare da degli addetti ai lavori
Se potete, non fate tutto da soli, affidatevi a qualcuno che vi aiuti nelle pulizie o nel trasloco vero e proprio: avrete più tempo da dedicare ai piccoli, per giocare con loro, per rassicurarli se ce ne sarà bisogno.
Cercate di non mandare i bambini dai nonni durante il trasloco: è sicuramente più agevole per voi, ma per i bambini può essere uno shock essere partiti da una casa e tornare in un’altra casa… è un evento di famiglia e va vissuto insieme!
Inscatolate insieme.
Soprattutto per quanto riguarda gli oggetti o i vestiti presenti nella sua vecchia cameretta, scegliete insieme a lui cosa portare, cosa metter via, perché anche se non più adeguato alla sua età è un ricordo importante, cosa buttare o regalare… rendete un gioco il tutto e non abbiate fretta… vorrà provare il vestito da regalare per esser certissima che non gli entra proprio più, vorrà giocare un po’ con ogni giocattolo, sia quelli da inscatolare che da regalare… lasciateglielo fare: deve poter toccare, ricordare, scegliere, e, di conseguenza, provare paura, tristezza o entusiasmo.
Potreste mettere della musica mentre inscatolate, fare delle pause con delle merende… insomma deve essere un’avventura, e come tutte le avventure avrà in sé un po’ di timori, ma anche il coraggio e la gioia di superarli; non è un evento triste e faticoso…
Salutate la vecchia casa
Fate un vero e proprio rito di saluto, ringraziate la vecchia casa per tutte le risate che ci sono state, ma anche per i rimproveri, i capricci e i pianti… Decidete un cimelio da portare con voi nella nuova casa: può essere una mattonella piccola, o la foto dell’anta dell’armadio su cui sono segnate le altezze progressive del bimbo… incorniciatela e mettetela tra le foto ricordo di famiglia, dopotutto la casa è stata una componente della famiglia tanto quanto ciascuno di voi…
Quando entrate nella nuova casa, celebrate anche questo: un ballo propiziatorio, appendete la foto di famiglia all’ingresso, posizionate lo zerbino simpatico portafortuna insieme… insomma, scatenate la fantasia, oppure chiedete ai bimbi, sapranno consigliarvi!
Siete nella nuova casa…
La prima notte nella nuova casa non è molto facile: può essere che non ci sia ancora tutto il necessario, può essere che sia ancora un po’ vuota, ha un odore diverso, che sa di nuovo e non di vissuto rassicurante, come la vecchia casa… Avete presente il silenzio notturno di una casa nuova? Non è un silenzio, è un suono fatto di mille rumori sconosciuti e che si fa fatica a distinguere: il tram, una strada più trafficata della precedente, o il rumore degli animali de vicini o il silenzio assordante della campagna… pian piano ci si abituerà a questi rumori, ma la prima notte potreste rassicurare i bambini, far loro sentire tutta la vicinanza di cui hanno bisogno; potreste dormire tutti insieme come fosse una nuova avventura, oppure nel lettone solo per qualche giorno; mettete una luce notturna, magari la stessa della vecchia casa; il suo peluche preferito, il libro della buonanotte… tutto può aiutare a vivere al meglio la prima notte nella nuova casa… Leggete L’ABC DELLA NANNA PERFETTA (Oggi non voglio dormire), e mettete in pratica tutto quello che potete!
Mantenete un legame con la vecchia casa
Se la nuova abitazione è in un quartiere diverso o in una città nuova, cercate di organizzare degli incontri con i vecchi amici, andate qualche volta nel vecchio parco… i legami sono importanti, sia con le persone che con i luoghi.
Se va ancora nella vecchia scuola, sarà più faticoso per voi, ma per i bambini sarà sicuramente meno stressante; se invece è stato necessario cambiare scuola cercate di farlo a fine anno, date una festa per salutare tutti gli amici, e cercate di parlare con le maestre vecchie e nuove per farvi accompagnare nel passaggio nella nuova scuola: potrebbero, per esempio, far confezionare dei disegni dai compagni di classe o delle lettere, che il bambino potrà portarsi nella nuova casa.
Un buon saluto è sempre fondamentale per predisporsi bene a nuove relazioni importanti. È importante che il bambino sappia di aver lasciato un segno del suo passaggio per pensare di poter essere importante anche nel nuovo contesto.
Nel nuovo quartiere Iniziate voi a frequentare spazi con altre famiglie e ad intessere relazioni, i bambini troveranno terreno fertile per nuove e importanti amicizie…
Mantenete la stessa routine
Per i bambini è già difficile cambiare casa, stanza, quartiere, scuola e chissà cos’altro, cercate di tenere quanto più possibile delle vecchie abitudini familiari: se la domenica di faceva una passeggiata al parco, andrete alla scoperta del parco più vicino alla nuova casa e andrete a fare la passeggiata domenicale!
Appena vi sarete sistemati date una festa! (Ve lo siete meritato!!!)
Con i nuovi compagni di scuola, ma anche con i vecchi amici, con i parenti e con chi vorrete… invitate nonni e zii e cugini: saranno felici di mostrare la sua nuova cameretta!
(Se non si potrà a causa del COVID, invitate un paio di persone alla volta!)
La nascita di un fratellino, la sorpresa e la novità di condividere spazi e tempi, il riadattarsi a nuove dinamiche e la gelosia e la rabbia per il neonato…Come ho scritto nell’articolo QUANDO NASCE UN FRATELLINO…
I libri potrebbero aiutare i fratelli maggiori ad esprimere, comprendere e superare le angosce e le emozioni contrastanti legate all’arrivo di un bimbo piccolo in casa. Ce ne sono milioni sull’argomento, sceglieteli insieme ai bambini, andate in libreria con loro, prendete quello da cui sono maggiormente attratti….
Io vi parlo di due esempi del genere…
Il primo è per bambini più piccoli: saranno attratti dalle parole onomatopeiche, si rispecchieranno nel racconto semplice di quello che può accadere in tutte le famiglie che affrontano il passaggio da tre a quattro componenti…
In casa di Simone c’è un nuovo arrivato, bisogna fare silenzio quando dorme, bisogna condividere la stanza, e bisogna condividere le attenzioni di mamma e papà: insomma è proprio un Pappamolla!!!
Ma quando torna in ospedale?
No, Pappamolla non tornerà in ospedale…
Simone è un po’ triste e un po’ arrabbiato, ma la sera, si sa, è piena di lupi e fantasmi… e lui da bravo fratello maggiore dovrà proteggerlo e rassicurarlo… ma poi quale fratello davvero aiuterà l’altro lo scoprirete leggendo…
Il secondo è per bimbi un po’ più grandi, non parla di gelosia, né di rabbia, anzi… parla di complicità tra fratelli, di dolci segreti condivisi con il papà di partecipazione costante durante tutta la gravidanza della mamma, descrive una mamma più bella certo, ma anche più dormigliona e con un incredibile voglia di zucca…
Un bravo fratello maggiore impedirà di sicuro che il fratellino nasca con una zucca arancione a forma di zucca!!
Il primo è più indicato per il ritorno a casa del piccolo, il secondo è più incentrato sulla gravidanza…
A volte è difficile per un bambino descrivere cosa prova quando riceve la notizia, sono tutti molto felici, ma ci sono dei cambiamenti grandi per tutta la famiglia che deve trovare nuovi equilibri e nuove dinamiche…